Un commissario straordinario per affrontare l’emergenza siccità, ma che resterà in carica “a tempo”, fino al 31 dicembre 2023, con «un incarico rinnovabile e con un perimetro molto circostanziato di competenze». È questo il compromesso che ha permesso di superare l’impasse nel Governo durante la cabina di regia, presieduta ieri a Palazzo Chigi dal vicepremier e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, presenti i ministri Francesco Lollobrigida (Agricoltura), Nello Musumeci (Politiche del mare e Protezione civile), Roberto Calderoli (Affari regionali), la viceministra dell’Ambiente e Sicurezza energetica, Vannia Gava (il ministro Gilberto Pichetto Fratin era in volo verso New York per la Conferenza Onu sull’acqua), e i sottosegretari alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano e Alessandro Morelli. Tutti accompagnati dai rispettivi tecnici.
All’inizio della riunione – che fonti di governo descrivono «lunga e proficua» – si sono materializzate le distanze di fondo tra i partiti della maggioranza (si veda, da ultimo, Il Sole 24 Ore di ieri). Da una parte la posizione di Fdi, ribadita qualche minuto prima dalla premier Giorgia Meloni in Aula al Senato nella replica alle comunicazioni in vista del Consiglio europeo: «Abbiamo ereditato una questione complessa. Stiamo lavorando a una cabina di regia, per un piano nazionale di intesa con le Regioni, utilizzando nuove tecnologie e avviando una campagna di sensibilizzazione. Il Governo sta lavorando a un provvedimento normativo con semplificazioni e deroghe per accelerare lavori essenziali. Intendiamo lavorare anche all’individuazione di un commissario straordinario che abbia poteri esecutivi rispetto a quanto definito dalla cabina di regia».
Siccità, cosa succede nel mondo
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È lo schema che era stato prospettato al termine della prima riunione del tavolo siccità, il 1° marzo, e che però non piaceva alla Lega, che con Salvini guida il dicastero più coinvolto sul dossier (per fondi e responsabilità) e che vede nel supercommissario una minaccia all’autonomia. Il Carroccio ha proposto in alternativa la facoltà di nominare commissari solo in alcuni casi specifici.
Per trovare la quadra ci è voluta la mediazione di Lollobrigida (che si muove a difesa del comparto agricolo duramente colpito dalla siccità e si è detto «non interessato alla governance, ma alla soluzione concreta dei problemi») e di Musumeci, che aveva proposto un commissario per tre anni (si veda l’intervista a fianco). Il risultato condiviso è una struttura decisionale a due punte: la cabina di regia «per accelerare e coordinare la pianificazione degli interventi infrastrutturali di medio e lungo periodo» e il commissario fino a fine anno, rinnovabile, per «agire sulle aree territoriali a rischio elevato» e «sbloccare interventi di breve periodo». Una nota di Palazzo Chigi li ha elencati: sfangamento e sghiaiamento degli invasi di raccolta delle acque, aumento della capacità degli invasi, gestione e utilizzo delle acque reflue, mediazione in caso di conflitti tra Regioni ed enti locali in materia idrica, ricognizione del fabbisogno idrico nazionale. «Sono in corso le valutazioni tecniche per formalizzare la soluzione definitiva», avverte la stessa nota.
Anche da questo dipenderà l’approdo del “decreto acqua” al Consiglio dei ministri previsto per martedì 28 marzo. Ma non è solo questione di norme: c’è il nome del commissario da individuare. E ancora non c’è accordo sull’identikit: se sarà un tecnico o un politico. Dalle opposizioni, intanto, si punge. Mariastella Gelmini (Azione) auspica che il lavoro della cabina di regia «non sia ulteriormente rallentato dalle frizioni interne alla maggioranza». Mentre Angelo Bonelli (Avs) attacca: «Questo Governo pensa di risolvere la siccità con l’ennesima cabina di regia, ma non con un cambio di politiche energetiche e ambientali che sono le stesse da decenni responsabili del disastro climatico».
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