Please Please Me, primo album dei Beatles, uscì il 22 marzo 1963, esattamente 60 anni fa. Un instant album, se consideriamo che fu inciso in sole nove ore e 45 minuti. «Di base si tratta di rock and roll, ma meno formale e leggermente più inventivo», scriverà qualche mese dopo l’uscita il «New York Times Magazine». A distanza di oltre mezzo secolo, tocca dire che si tratta di un pezzo fondamentale di storia della musica, della cultura popolare e pure dell’economia della musica: le vicende narrano infatti che i Fab Four, impegnati complessivamente per tre giorni nelle registrazioni, incassarono ciascuno 710 sterline di fee al giorno per la performance. I costi di produzione, nel leggendario studio 2 di Abbey Road, gravarono non più di 400 sterline sulle casse della Parlophone, controllata di Emi diretta dal grande George Martin. Niente male per un disco destinato a vendere qualcosa come 20 milioni di copie. Lo celebriamo a modo nostro, raccontandovi aneddoti e curiosità su ogni canzone.
I Saw Her Standing There
In principio i Fab Four erano una live band di rock and roll. Non c’è da stupirsi allora se il loro primo 33 giri parte come fosse un concerto al Cavern Club: «One-Two-Three-Four», grida Paul McCartney al microfono aprendo le «danze». Perché I Saw Her Standing There è un rock and roll adrenalinico che racconta proprio una festa da ballo tra adolescenti. Il pezzo è tutto di Paul: lo capisci dal fatto che è sua la voce principale (nei Beatles ciascuno cantava il «suo», quasi sempre). Lo capisci anche dalla melodia accattivante e dal giro di basso ossessivo che rappresenta l’impalcatura della canzone (Macca stesso ammetterà che nasceva da uno scippo a I’m talking bout you di Chuck Berry). John Lennon infila una manciata di parole nel testo, quelle giuste per rendere il brano molto di più di un accessorio per teenager. Paul cominciava scrivendo: «Beh, lei aveva solo 17 anni». John aggiunse: «Tu sai cosa intendo…». Farfallone amoroso!
Misery
Lennon da ragazzino alternava senso di onnipotenza a pessimismo cosmico. La seconda traccia del disco indugia su quest’ultimo: Misery è una dichiarazione di autocommiserazione di un lui che ha perso una lei. «Il mondo mi tratta male/ misericordia!». Quadretto degno di Charlie Brown. Sul piano musicale, il pezzo è una ballad dal sapore doo-wop con le voci di John e Paul che si sposano meravigliosamente. Finezza non da poco il riff di piano aggiunto dal «grande vecchio» George Martin.
Anna (Go To Him)
Arthur Alexander all’inizio degli anni Sessanta era il cantante sentimentale che piaceva ai rocker più svegli. Fa fede la venerazione che un certo Mick Jagger nutriva nei suoi confronti. Lennon non faceva eccezione: la terza traccia di Please Please Me era la sua Anna, ballata soul sul tema del sedotto e abbandonato: «Ragazza, prima che tu vada/ voglio che tu sappia/ che ti amo ancora tanto/ ma se lui ti ama di più/ va’ con lui». Prima «restituiscimi l’anello», poi «ti lascerò libera». Se incontrate qualcuno che dubita delle doti canore di Zio John, prendetelo per l’orecchio e fategli ascoltare Anna.
Chains
Siccome i Beatles erano uno di quei gruppi in cui «tutti contano e tutti cantano», pure George Harrison, all’epoca appena ventenne e non ancora autore, doveva avere la sua bella ribalta. Gli fu affidata Chains, pop song orecchiabile composta dall’accoppiata vincente del Brill Building Gerry Goffin-Carole King e portata al successo un anno prima negli Usa dalle Cookies. I Beatles la fanno propria con il riff d’armonica iniziale di John, marchio di fabbrica del primo periodo. George non sembra convintissimo (l’intonazione oscilla pericolosamente) ma Paul – che, in seconda voce, sale fino al soffitto – vale il prezzo del biglietto. Non è un caso se il pezzo comparirà poco nelle esibizioni live dei quattro.
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