Il Festival di Sanremo non finisce mai. È quella la vera forza dell’evento più nazionalpopolare che abbiamo in Italia e, forse, dovremmo dire nel mondo. Pensate un po’: Sanremo 2023 è finito da appena quattro giorni, ma Blanco si ritrova indagato dalla Procura di Imperia per danneggiamento a causa del particolarissimo «florilegio» di cui si è reso protagonista nella prima serata di Festival. A presentare l’esposto è stato il Codacons, associazione di consumatori che si augura che l’indagine venga «estesa anche alla Rai, allo scopo di accertare se vi siano state possibili complicità». Sempre di moda sparare sul pianista.
Rapido recap a uso di chi, nell’ultima settimana, fosse stato impegnato in un viaggio intercontinentale e non sapesse di cosa parliamo: l’artista era stato invitato per presentare il nuovo singolo L’Isole delle rose all’Ariston ma, a un certo punto dell’esibizione, dopo la mezzanotte, ha cominciato a dare in escandescenza sferrando calci alla composizione floreale.
Il «florilegio» di Blanco
«Non sentivo in cuffia, non potevo cantare», ha poi provato a spiegare accusando gli in-ear, ossia gli auricolari spia (gli avevano fornito una coppia spaiata, ndr). «Ma almeno mi sono divertito, la musica è anche questo». Amadeus gli aveva detto di calmarsi «e sistemiamo, se vuoi dopo puoi tornare a cantare». Alla fine Blanco non ha più cantato, ma quel «colpo di testa» è diventato un caso nazionale come sempre succede in quei giorni. Blanco, che poi si è scusato con un post, avrebbe dovuto rotolarsi tra le rose (né più né meno di quanto succede nel video de L’isola delle rose) senza distruggerle. In attesa di chiarire la vicenda e che la Rai spieghi quali fossero gli accordi, nei suoi confronti è stato aperto un fascicolo.
Ci appelliamo alla clemenza
Saremo controcorrente, ma permetteteci di spezzare una lancia (o meglio: un crisantemo) a favore del cantante urban: ha commesso una leggerezza, gli è partita la penna, succede a tutti, ancora di più a 20 anni. Non potendo cantare, l’ha buttata sul maledettismo, antica specialità della casa per chi fa un certo tipo di musica. Senza considerare che Sanremo non porta fortuna agli sfascisti: nell’edizione 2001 Brian Molko dei Placebo (non esattamente un Blanco qualsiasi) sfasciò la chitarra sull’amplificatore, beccandosi i fischi di uomini panzuti e signore impellicciate che neanche sapevano chi fosse. L’Ariston è fatto così: poco sensibile a certe effusioni artistiche.
Che facciamo con gli Who e Simonon?
Non siamo gli avvocati di Blanco ma, prima ancora che l’indagine vada eventualmente a processo, ci sentiamo di chiedere clemenza. Se Blanco si ritrova indagato, che facciamo con gli Who e Paul Simonon? Li mandiamo per direttissima all’ergastolo con l’aggravante della condotta reiterata? Possiamo invece pacificamente affermare che, nei casi di Jimi Hendrix e Sid Vicious, non si procede per morte del reo. Fortuna che né Who, né Hendrix, né Clash, né Sex Pistols hanno mai suonato a Sanremo. Perché si sa che Sanremo fa storia a sé, perché Sanremo fa parlare di sé. Vale sempre: per chi sfascia le rose e per chi apre un fascicolo d’indagine.
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