Sono stati 9 milioni 240 mila, pari al 57,6% di share, i telespettatori che hanno seguito in media su Rai1 la terza serata del festival di Sanremo (dalle 21:25 all’1.59). In valori assoluti, gli ascolti sono in linea con la terza serata del festival del 2022, che era stata seguita in media da 9 milioni 369 mila telespettatori. Un anno fa la media di share fu inferiore di oltre tre punti (54,6%). La prima parte della terza serata di Sanremo (dalle 21.25 alle 23.31) ha fatto segnare 13 milioni 341 mila spettatori pari al 57,2%; la seconda (dalle 23.40 all’1.59) 5 milioni 584mila con il 58,4%. L’anno scorso la prima parte della terza serata del festival aveva fatto segnare 12 milioni 849mila spettatori con il 53,2%, la seconda 5 milioni 455mila con il 56,8 per cento.
La classifica
Tutto secondo copione, in questo Sanremo 2023. La classifica parziale dopo le prime tre serate, frutto dei voti della sala stampa, della demoscopica e del televotox, vede primeggiare Marco Mengoni davanti a Ultimo, Mr. Rain, Lazza e Tananai. Poi Madame, Rosa Chemical, Colapesce e Dimartino, Elodie, Giorgia, Coma Cose, Gianluca Grignani, Modà, Paola & Chiara, Lda, Ariete, Articolo 31, Mara Sattei, Leo Gassmann, Colla Zio, Levane, Cugini di Campagna, Gianmaria, Olly, Anna Oxa, Will, Shari e Sethu. Le prime cinque canzoni, nella finale di sabato, si sfideranno per la vittoria.
Un paese fondato sulla standing ovation
Che si è capito dalla terza serata? Che l’Italia è un Paese fondato sulla standing ovation. Non c’è serata di Sanremo senza almeno una standing ovation. L’evento è questo, il pubblico dell’Ariston è fatto così, funziona in questo modo. Nella terza serata di Festival tocca ai Maneskin che, terminata la campagna d’America, tornano sul luogo del delitto entrando dalla platea. E, tra i concorrenti in gara, tocca a Marco Mengoni che in questo Festival ci sta come la Juventus nella Serie B 2006/2007: evidentemente di un’altra categoria. Per la canzone che porta – modernamente confezionata eppure perfettamente sanremese – e la sua proverbiale infallibilità interpretativa.
La vetrina dei Maneskin (con Tom Morello)
Ma partiamo dai Maneskin, qui in versione superospiti. Amadeus introduce il loro nuovo album Rush e loro si cimentano con un medley che comprende I wanna be your slave, Zitti e buoni, The loneliest e l’ultimo singolo Gossip con il feat. di Tom Morello, chitarrista dei Rage Against the Machine che ha fatto capire a tutti quale potrebbe essere il suono dei Maneskin se avessero uno che suona veramente la chitarra. Tripudio di applausi e flash di smartphone da parte del pubblico. Per il resto fin troppo composta la loro esibizione: niente calci ai fiori, né proclami gender fluid. Per un po’ di sana trasgressione toccherà aspettare il team up Gianni (Morandi)-Sangiovanni che festeggia i 60 anni di Fatti mandare dalla mamma (ribattezzata Fatti ri-mandare dalla mamma) parodizzando affettuosamente gli anni Sessanta italiani. Tra gli ospiti si segnala anche Massimo Ranieri che si esibisce con Rocio Munoz Morales, mentre la parentesi comica fuori tempo massimo (ormai uno standard del format) è affidata ad Alessandro Siani.
Maneskin (Ansa)
Mengoni il predestinato
Appare sempre più chiaro che questo festival lo vincerà Marco Mengoni con Due vite. Viene da pensare che la sua partecipazione abbia intimidito gran parte della potenziale concorrenza convincendola a restare a casa: questo spiegherebbe il livello tutt’altro che eccelso dell’offerta musicale di quest’anno. Ultimo, con Alba, sembrava l’unico a poterlo impensierire ma il pezzo non è semplice da cantare e le sue performance, finora, non hanno brillato. Se continua così, potrebbe iscriversi al club degli eterni secondi di cui Toto Cutugno ricopre l’incarico di presidente onorario.
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