Dinamica, innovativa ma fortemente radicata nel territorio e nella sua storia di vinificazione. La cantina Quartomoro di Sardegna è nata nel 2011 dall’idea dei coniugi Piero Cella e Luciana Baso per recuperare i vitigni nel loro terroir ed esaltare, in particolare di due di questi, tutte le qualità ancora sottovalutate. Facciamo il ritratto della cantina nata nell’Oristanese assieme a una dei due fondatori, Luciana Baso.
Tredici anni di storia, una cantina relativamente giovane. Quali sono stati i passi fondamentali per voi? “Intanto l’idea di cominciare, partita da Piero Cella, un enologo sardo che già all’epoca aveva una buona esperienza. E’ figlio d’arte ed è stato allievo del grande Giacomo Tachis con cui ha lavorato per la cantina di Santadi. Altra scuola importante è stata quella di Giovanni Cherchi. Noi non siamo solo una coppia nella vita ma abbiamo anche progettato assieme Quartomoro di Sardegna. Io sono nipote di viticoltore e fin da molto giovane, come mio marito, sono cresciuta nell’ambiente della vigna, della vite e del vino. Volevamo sperimentare e conoscere più da vicino i vitigni autoctoni ma anche approfondire l’arte spumantistica.
Quale metodo avete scelto? “Il metodo classico. Partendo dal vitigno bianco per eccellenza in Sardegna, il vermentino. Stiamo fra Marrubiu, dove ci sono le vigne, e Arborea. Quindi nel territorio dell’Oristanese. Per cominciare abbiamo puntato sul bovale che è un vitigno di questa zona, abbiamo acquistato una vigna di 50 anni allevata ad alberello e da lì siamo cresciuti passo passo”.
ll bovale è un vitigno di recente riscoperta. Come mai è stato a lungo sottovalutato? “Alcuni lo trattano come se fosse un fratello minore e meno nobile del cannonau, ma non è così. Il bovale è stato a lungo usato per tagli, insieme ad altri uvaggi. Veniva venduto in grande quantità e questo lo rendeva molto fragile, veniva affinato in legni senza grande attenzione. Noi lo abbiamo voluto riscattare, dà un vino molto interessante e apprezzato, leggermente fruttato”.
Vi muovete sul mercato nazionale e internazionale? Eravate al recente Vinitaly? “Sì eravamo al Vinitaly 2023 e come sempre l’esperienza è molto interessante e utile per tracciare strategie future e nuovi accordi. Abbiamo avuto conferma che il nostro marchio cresce. Noi vendiamo i nostri vini all’estero ma anche nel resto d’Italia: in particolare dal Nord fino al Lazio e ad una parte della Campania. Ce la caviamo bene anche nella terra delle bollicine, perché i nostri spumanti si vendono bene in Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Lì hanno grande curiosità di scoprire e assaggiare, specie le bolle da vitigni autoctoni di altre zone. All’estero ci danno soddisfazioni il mercato giapponese dal 2018, grazie a un’azienda di import-export di prodotti sardi gestita da un oristanese con sua moglie giapponese. Il nostro primo cliente estero è stato la Svizzera, arriviamo anche negli Usa soprattutto con vermentino e cannonau. Abbiamo un vermentino chiamato Un anno dopo che viene affinato in vetro e acciaio e piace molto in California”.
Due o tre vini di cui siete particolarmente orgogliosi? “Il bovale Memorie di vite BVL, il Memorie di vite BVR e poi lo spumante Quartomoro Metodo Classico, quando abbiamo cominciato a progettarlo questo tipo di prodotto nell’isola praticamente non esisteva”.
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