Il 23% delle aziende agricole è pronta a investire nelle tecnologie 4.0 tra il 2022 e il 2024, contro il 4% del triennio 2017-2019. È quanto emerge da un’indagine del Centro studi Tagliacarne su un campione di 800 imprese agricole con almeno 2 addetti. Per queste imprese il Pnrr potrebbe essere un’opportunità da cogliere, tuttavia il 69% delle aziende del settore dichiara di non volere o di non potere accedere a queste risorse e solo il 16% si è già attivato in questo senso. A creare maggiori difficoltà ad investire nella transizione digitale sono anche i costi troppo elevati delle tecnologie (secondo il 23% del campione) e la scarsa informazione sull’iter per investire in tecnologie digitali (21%).
Sono le donne e i giovani, invece, gli imprenditori agricoli più green. La metà delle imprese agricole sta realizzando o intende realizzare investimenti in sostenibilità tra il 2022 e il 2024, con picchi che salgono al 61% per le imprese guidate da donne e al 55% per quelle under 35. Per il 78% delle imprese intervistate investire in sostenibilità è un’opportunità per il proprio business, ma per il 22% la via verde rappresenta solo un vincolo. In particolare, il 47% è mosso dalla necessità di rispettare le regole imposte a livello nazionale ed europeo, il 22% dalla consapevolezza del rischio aziendale causato dall’inquinamento e dal cambiamento climatico, il 21% dalle migliori ricadute sull’immagine e sulla reputazione dell’azienda. Tra i principali risultati conseguiti dalle aziende che hanno realizzato investimenti verdi ci sono la riduzione dei rifiuti o degli scarti di produzione (63%), l’utilizzo di energie rinnovabili (47%) e il risparmio idrico (39%).
Infine, secondo i ricercatori del centro Tagliacarne il passaggio generazionale è un problema solo per un’impresa su dieci: per il 59% dei casi il ricambio generazionale non costituisce nessun grattacapo, o perché è già stato fatto oppure perché non in agenda. Il 45% delle imprese è ancora alla prima generazione, con picchi nella silvicoltura (68%) e nel Sud Italia (59%). Mentre, il 38% è alla seconda generazione e solo il 16% alla terza o successiva. Più dei due terzi dei giovani imprenditori agricoli non hanno fondato l’impresa ma l’hanno ricevuta in eredità.
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