Rosa Chemical è una personalità eclettica: graffitaro, modello per un noto marchio di moda e infine cantante. Il grande pubblico l’ha conosciuto al Festival di Sanremo, dove con Made in Italy ha stupito tutti. Un artista a 360°, dunque, e da sempre perché “creativi si nasce, poi ti affibbiano il termine artista solo perché sei diventato famoso”. Se è chi è ora lo deve anche e soprattutto alla mamma che per lui “c’è sempre stata, è la mia prima supporter” e a cui deve proprio il nome d’arte, Rosa.
Una mamma che l’ha sostenuto anche quando ha iniziato a soffrire per un corpo che vedeva troppo in carne. E poi di nuovo l’ha fatto nel momento in cui trascorreva le notti fuori, tornando a casa con i primi treni del mattino. Ma lei non lo ha mai giudicato, seppur facendogli ben capire che “la vita era mia e le conseguenze le avrei dovute pagare io”. Probabilmente tutto ciò l’ha anche aiutato a crescere libero, senza pregiudizi, senza etichette e anche senza uno stile ben preciso, volontariamente. “Non mi piace incasellarmi in uno stile, cerco di non mettermi niente addosso”.
E pazienza se le persone che vengono a un suo concerto sono “piene di pregiudizi. Mi hanno incasellato come artista urban e si aspettano un live rap. Io invece ho un altro bagaglio culturale, quindi la mia attitudine, il modo in cui mi comporto sul palco arriva dal mondo rock. Lo show che creo insieme alla band non ha nulla a che vedere con il rap, e questo gasa la gente”. Gli artisti che ammira sono tanti, da Cesare Cremonini a Justin Bieber passando per Calcutta. Ma se potesse cantare, grazie all’intelligenza artificiale, con qualcuno del passato sceglierebbe Fred Buscaglione e Chester Bennington.
Poi c’è la sua ammirazione per BudBunny, colui che ha ucciso il machismo nel raggaeton: “Parliamo di uno stile maschilista che oggettifica la donna. Lui, invece, la donna l’ha difesa, anzi si è schierato dalla sua parte. Nel penultimo disco si è vestito con abiti femminili e ha parlato di come le donne possano e debbano giustamente fare ciò che vogliono”. Sul rap italiano spesso definito come razzista e omofobo, infine, Rosa Chemical spiega: “C’è chi denuncia e chi invece continua a usare quei toni. La direzione pop è più ‘giusta’, nello urban il procedimento è più lento, cambia se cambia la classe sociale di chi lo fa. Deve cambiare in primis la realtà in cui questi artisti vivono”.
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