Leonardo Pieraccioni lo ha preso in giro (qui il nostro articolo con video) a partire dal gesto di farsi scivolare il sale giù per l’avambraccio fino alla carne di cui si propone come maestro mondiale. Fino al conto esagerato che produce ogni sua “esibizione”. Su Salt Bae, macellaio-cuoco-chef-carnivoro più chiacchierato degli ultimi mesi, si dice e si scrive di tutto. Sui social impazzano i video che lo vedono protagonista fra cucina e tavoli, non mancano le voci avvelenate di ex suoi dipendenti con i quali ha conti da regolare (leggi qui) né foto in cui si mostra in posa con super celebrità di vario tipo. E mentre fatica ad aprire il suo nuovo ristorante a Milano dopo aver chiuso quelli “strategici” di Londra e New York fra cattive recensioni e conti in disordine, è lui stesso a raccontare cosa c’è dietro un’immagine e degli atteggiamenti volutamente spettacolarizzati.
“Eravamo poverissimi”
Intervistato dal Corriere della Sera, Salt Bae (vero nome Nusret Gökçe) racconta la sua infanzia e la persona che c’è dietro le pose esagerate che contribuiscono al suo personaggio pubblico. “Mai vista carne a casa mia, eravamo poverissimi – racconta – vengo da Pasali, un’area rurale della Turchia. Vivevamo in 7 in una stanza: mio padre si alzava all’alba per andare in miniera e alle 18 era già a dormire. Tornavo a casa e non c’era nessuno sveglio. Fino a 20 anni ho indossato abiti e scarpe di due taglie più grandi ricevuti in beneficenza. Oggi voglio il lusso”. E lo esibisce senza problemi, così come il corpo palestrato con occhialetti dalle lenti scure. Ogni servizio a tavola una serie di mosse studiate come quelle di un balletto. Niente lasciato al caso.
Trasformarsi in una star
Di sé Salt Bae dice: “Prima di me i bambini volevano fare l’avvocato o l’astronauta, chi voleva sposare un macellaio? Ora sognano Nusret”. Gli inizi in una macelleria di Istanbul, dalle 6 del mattino a mezzogiorno, con pause e piccoli riposi nel retrobottega, i viaggi e le esperienze in Argentina e Usa per capire quali sono le carni migliori e i tagli perfetti. Poi gli incontri che cambiano la vita: Mithat Erdem e Ferit Sahenk, i due magnati che hanno creduto in lui e ci hanno messo i soldi. Oggi Salt Bae ha 32 ristoranti in tutto il mondo e 4.000 dipendenti. Non riesce ad aprire a Milano (“non trovo il posto giusto”) e risponde a chi lo ha accusato di maltrattamenti e misoginia sul posto di lavoro (“chi non tiene il passo sparge fake news”). Il suo gesto del sale che scivola per il braccio, diventato il suo marchio un po’ come l’urlo di Cr7 dopo i gol, è nato dal filmato di un suo cameriere. Prossimo obiettivo? La quotazione in Borsa. Lavoro, ossessivo, che gli impedisce di avere una compagna stabile. “Sto troppo in movimento per fare coppia”. Poi ci sono i social, anche quelli curatissimi, Salt Bae sa che senza Instagram e TikTok non starebbe dov’è, l’onda va surfata mentre è altissima. E pazienza per i vegani: “Ne ho convertiti molti ma nel menu ho piatti per i vegetariani”.
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