La Campania produce meno del 3% del vino italiano, eppure può vantare, insieme con un viticoltura di origini antichissime, la presenza di una straordinaria biodiversità che la colloca al secondo posto tra le regioni italiane, subito dopo la Calabria. Fiano, Greco, Falanghina e Aglianico, tipiche uve campane, sono tra i vitigni più importanti del nostro patrimonio ampelografico, talmente significativi e apprezzati da essere allevati anche in altre regioni, soprattutto quelle limitrofe come la Basilicata, il Molise e la Puglia. Negli ultimi anni, accanto a queste più celebri, sono state rivalutate altre varietà autoctone, oggi vinificate in purezza o in assemblaggio all’interno delle denominazioni principali.
Il mosaico da bere
Con i loro nomi cosi caratteristici e riconoscibili – Pallagrello bianco, Catalanesca, Coda di volpe, Caprettone, Ginestra, Fenile, Ripoli, Pepella, Biancolella, Asprinio, Forastera, Pallagrello nero, Casavecchia, Piedirosso, Sciascinoso e Tintore, per citare le più conosciute – queste varietà illustrano bene non soltanto un patrimonio ricchissimo, ma anche un potenziale espressivo unico, che permette alla Campania di competere tranquillamente con altre regioni vitivinicole italiane più blasonate. Di fronte a questa biodiversità l’espressione “vigne arlecchino” per definire il vigneto campano appare davvero azzeccata.
In più, la Campania vanta un mosaico di territori dalle caratteristiche pedoclimatiche diverse, con una dicotomia chiarissima tra la viticoltura della costa affacciata sul mar Tirreno e la viticoltura delle zone interne che pian piano si arrampica dai piedi alle alture dell’Appennino: un viaggio affascinante tra areali produttivi dalla Costa d’Amalfi, al Parco naturale del Cilento alla zona del Casertano, dalle terre vulcaniche dei Campi Flegrei e del Vesuvio, alle aree interne e continentali dell’Irpinia e del Sannio.
Cinque consorzi e un grande evento del vino
Questa fenomenale miscela di complessità e di differenze è andata in scena una settimana fa nel corso della seconda edizione di Campania.Wine, la rassegna promossa e organizzata in cooperazione dai cinque Consorzi di Tutela Vini della Campania (Sannio Consorzio Tutela Vini, Vesuvio Consorzio Tutela Vini, Consorzio Vita Salernum Vites, Viticaserta – Consorzio Tutela Vini Caserta, Consorzio Tutela Vini d’Irpinia) e dal Consorzio di Tutela Pomodorino del Piennolo Vesuvio Dop. In totale, oltre cinquemila visitatori in Galleria Umberto I, più di 600 vini in degustazione, 116 cantine, un centinaio tra giornalisti e influencer che hanno partecipato alle masterclass ospitate presso il Musap, il Museo artistico politecnico di Napoli, dedicate a due focus interessanti (“La Campania dei vini di montagna” e “La Campania dei vini vulcanici e dei parchi naturali”) e condotte dai giornalisti Luciano Pignataro e Pasquale Carlo e dall’archeologo Ferdinando De Simone.
“Da molti, uno”
Per spiegare il senso di questa manifestazione, realizzata con il cofinanziamento dell’Unione Europea e con il patrocinio del Comune di Napoli e della Regione Campania, si potrebbe ‘rubare’ agli americani il loro celebre motto nazionale: e pluribus unum. La locuzione latina (che significa: “da molti uno”) può illustrare bene la capacità di una regione vitivinicola così ricca di biodiversità di raccontarsi orgogliosamente in maniera unitaria. In più, una volta tanto in un paese che spesso fatica a fare gioco di squadra, racconta l’alleanza tra i diversi consorzi, capaci di mettere da parte gli interessi particolari per dare un contributo comune alla causa unitaria del vino campano.
In questa cornice di collaborazione collettiva e promozione del territorio si iscrive anche “La Campania che ama la Campania”, il riconoscimento alle migliori carte dei vini regionali, sostenuto dal Masaf, il ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. Un premio alle migliori carte dei vini proposte da ristoranti, trattorie, pizzerie, paninoteche e bracerie della regione che ha chiuso in bellezza la manifestazione e che, soprattutto, offre una sorta di guida pratica a quella ristorazione locale capace di conciliare la qualità della cucina con l’offerta di vini espressione del territorio. Di seguito l’elenco dei premiati.
Per la categoria Ristoranti
Veritas (Napoli), Aria (Napoli), Piazzetta Milù (Castellammare di Stabia), Terrazza Ramè del Gold Tower Hotel (Napoli), Winehouse (Napoli), Megaron (Paternopoli), President (Pompei), La Bussola dello Yacht Club (Marina di Stabia), La Locanda della Luna (San Giorgio del Sannio), Bluu Il mare dentro (Nocera), San Pietro Bistrot (Torre del Greco), Maeba (Ariano Irpino), Sensi (Amalfi), Casamare (Salerno), Pescheria (Salerno), Contaminazioni (Somma Vesuviana), Rear (Nola), Locanda Nonna Rosa (Somma Vesuviana), Caracol (Bacoli), Gerani (Sant’Antonio Abate), Suscettibile (Salerno).
Per la categoria Trattorie
Cap’Alice (Napoli), Viva Lo Re (Ercolano), Bacalajuò (Acerra), La Spelunca (S. Maria Capua Vetere), La Torre (Massa Lubrense), Al Convento (Cetara), Gli Scacchi (Caserta), La Locanda del Cerriglio (Napoli), ‘E Curti (Sant’Anastasia), Mediterraneo (Salerno).
Per la categoria Pizzerie
Daniele Gourmet (Avellino), Giallo Datterino dei Fratelli Spinelli (Villaricca/Aversa), Fratelli Grassia (San Giuseppe Vesuviano), Sasà Martucci Pizzeria i Masanielli (Caserta), La bolla (Caserta), Pizzeria Salvo (Napoli), Pizzeria I Vesuviani (Pomigliano d’Arco), I Borboni (Pontecagnano), Il Monfortino (Caserta), Giagiù (Salerno), La Notizia (Napoli), Diego Vitagliano pizzeria (Napoli), Le Parùle (Ercolano).
Per la categoria Paninoteche
12 Morsi (Napoli), Bifulco Exclusive (Ottaviano), Agripanificio Santa Lucia (Marigliano), Craft 27 (Torre Annunziata).
Per la categoria Bracerie
La Baita (Maddaloni), Chiancheria Gourmet (Napoli), Macelleria Barone (Nocera), Cillo (Somma Vesuviana), Granfuoco Braceria (Napoli), Le Fontanelle (Pontelatone), Mannaia (Marcianise), Tenuta Antica (Cava de’ Tirreni), Tenuta Montelaura (Forino), Terrantica (Baronissi).
Infine, una menzione speciale extra regione a Confine – Pizza e Cantina di Milano.
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