A Roma bici e monopattini elettrici potrebbero coprire mediamente fino al 20% degli spostamenti effettuati con auto privata dal lunedì al venerdì, mentre l’uso del mezzo privato nell’ora di punta si potrebbe ridurre di un 10% utilizzando in alternativa metro o treno in combinazione con monopattini elettrici privati trasportabili a bordo. È quanto emerge da un’indagine condotta da Enea in collaborazione con le università ‘Roma Tre’ e ‘Roma Tor Vergata’ su un campione di 240mila autovetture, per un totale di 9 milioni di spostamenti monitorati.
“La nostra indagine puntava a identificare i viaggi in automobile ‘trasferibili’ verso nuove forme di micromobilità elettrica – afferma Carlo Liberto, ricercatore del Laboratorio Enea Sistemi e Tecnologie per la Mobilità Sostenibile – Siamo partiti fissando due soglie di distanza massima percorribile dai mezzi elettrici, 6 chilometri per le bici e 3 chilometri per i monopattini, tenendo conto delle caratteristiche delle infrastrutture, dell’accessibilità e dei costi dei servizi di sharing, presenti nelle diverse zone della città. Si è considerato che saranno più inclini ad adottare soluzioni di micromobilità elettrica quegli utenti che si muovono in zone con una prevalenza di piste ciclabili o di strade a velocità ridotta, laddove la percezione di sicurezza è maggiore”.
Per questo studio i ricercatori hanno sviluppato un nuovo indice, denominato Micromobility Compatibility Index (Mci), che misura la potenziale compatibilità delle infrastrutture viarie con i mezzi di micromobilità (soprattutto e-bike e monopattini) per tutta l’area metropolitana di Roma suddivisa in circa 1.400 zone. Dall’indice emerge che Roma ha un buon potenziale di sviluppo della mobilità alternativa, anche se sono emerse differenze marcate: in alcune aree il valore è basso per la quasi totale assenza di infrastrutture viarie a supporto della mobilità attiva, mentre in altre è alto per la presenza di aree verdi con molti percorsi pedonali e ciclabili. Se si prende in considerazione la soluzione di viaggio che prevede la combinazione di monopattino e mezzi di trasporto pubblici, le percentuali più elevate di domanda potenziale di micromobilità si registrano lungo le linee B1 e C della metropolitana.
“Questi risultati potrebbero essere utili a un fornitore di servizi di micromobilità condivisa per valutare meglio in quali aree della città e, persino, presso quali fermate della metropolitana proporre il servizio di biciclette e monopattini elettrici. Di contro, l’amministrazione avrebbe a disposizione una mappa con le aree dove sarebbero più necessari interventi infrastrutturali per offrire ai cittadini la possibilità di utilizzare altre forme di mobilità più rispettose della sostenibilità e della vivibilità cittadina”, sottolinea Francesco Vellucci, responsabile del Laboratorio Enea Sistemi e Tecnologie per la Mobilità Sostenibile.
L’approccio metodologico utilizzato permette di replicare lo studio per tutte le città che dispongono di banche dati su mobilità individuale, infrastrutture viarie e servizi di trasporti, identificando le aree urbane a maggiore potenziale di sviluppo della micromobilità. “Per stime più accurate sul mercato potenziale sarà necessario organizzare indagini campionarie più specificatamente articolate su fattori e caratteristiche personali dell’utente come, ad esempio, età, genere, reddito, attitudine a comportamenti ‘green’, esigenze di mobilità e stile di vita – aggiunge Vellucci – In Italia, il 32% degli spostamenti viene effettuato con micromobilità e mobilità attiva: certamente non possono sostituire completamente il mezzo privato in tutte le situazioni, ma possono diventare un alleato del trasporto pubblico nel contenimento del traffico cittadino, dell’inquinamento e nel miglioramento della qualità di vita”.
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