Qualche estate fa. A ben vedere, tutte quelle vissute dal Califfo. Una vita romantica, eccessiva, Vasco l’avrebbe volentieri definita spericolata quella di Franco Califano. I suoi incontri, le scelte, le sfide, le frequentazioni pagate sulla sua pelle e i rapporti con le donne tornano nel recital Qualche estate fa che Claudia Gerini sta portando in giro per l’Italia (con data anche ad Alghero all’interno del cartellone Cedac) insieme al Solis Strin Quartet. L’abbiamo raggiunta in aeroporto dove è avvenuta questa conversazione, fra una breve vacanza e il ritorno sul palcoscenico.
Claudia, questo spettacolo è un grande omaggio a Califano. Di lui si dice e scrive di tutto, ma lo abbiamo davvero capito?
“In generale l’Italia ha un po’ la memoria corta quando si tratta di grandi artisti. Sono passati dieci anni dalla sua scomparsa, io porto in tour questo spettacolo da circa tre anni ed è la mia passeggiata nella sua poesia, nel suo mondo, visto da un punto di vista femminile. Racconto le storie della sua vita, canto le canzoni cantate da lui o scritte per altre interpreti. Il Solis String Quartet e la produzione dissero subito che avrebbero voluto una donna al centro della scena, alle prese con la memoria del Califfo. Eccomi qui”.
Non a caso, direi. Ti rendi conto che non ci sono tante attrici in Italia che sappiano recitare, cantare e ballare bene come fai tu?
“Che carino, ti ringrazio. Ma sai, per me è una cosa molto naturale. Io ho una formazione un po’ americana, mi esprimo bene in spettacoli in qui questi elementi si incrociano e si arricchiscono a vicenda. Per me il canto è suono, un po’ come quando uso le diverse cadenze dialettali in base ai ruoli cinematografici che ottengo”.
Parlavi del punto di vista femminile su Califano. Con la sensibilità di oggi diventa un uomo, un maschio forse ancora più scomodo, come se fosse figlio di un tempo ormai andato. Tu cosa ami particolarmente di lui?
“Oggi Franco avrebbe le sue difficoltà ad essere capito e accettato. Era figlio della sua Roma, di quei tempi lì. La sua capacità di mettere in versi le vicende umane e sentimentali, con la sua personale religione della libertà sono le cose che io amo di più. Versi poetici, bellissimi, mi chiedo chi oggi potrebbe scrivere in quel modo di certe storie di vita. Per carità esistono bravi autori ma nel frattempo è cambiato il modo di leggere la realtà. Oggi lo sguardo è altamente consumistico”.
Non è che cercando più equità fra sessi, generi e nei rapporti personali abbiamo finito per levarci troppa libertà?
“Ah, oggi di libertà ne vedo poca. Molto condizionamento, oppure bisogna fare scelte radicali che si pagano a caro prezzo. Negli ultimi dieci anni si è affermato un concetto dell’individuo come persona da etichettare in modo preciso, che parla con quelle parole, quei gesti, dentro una realtà spesso frammentata e superficiale. Siamo consumatori costantemente tracciati nei nostri comportamenti, e inscatolati. Per fortuna ci salva l’arte”.
Hai parlato più volte dei tuoi molti modi di essere attrice e donna: dal registro ironico alla grande sensualità ma anche ruoli molto seri e duri, ricordo ad esempio il ruolo ne La sconosciuta di Tornatore. Da tempo si parla di copioni che tendomo a banalizzare i ruoli per le attrici, specie con l’andare degli anni. E’ ancora così?
“Direi invece che su questo fronte le cose sono andate migliorando. C’è una maggiore sensibilità verso le donne, anche se molti produttori, capi di governo, manager restano uomini. Però io lavoro spesso e non posso lamentarmi né dei ruoli che mi offrono né della loro varietà”.
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