La scelta di affidare ad attori americani il compito di interpretare ruoli di personaggi italiani risponde a criteri “produttivi” legati “ai finanziamenti e al marketing di un film”. Il regista Gabriele Muccino interviene così su Instagram in merito alle polemiche nate dalle affermazioni di Pierfrancesco Favino il quale, alla Mostra di Venezia, si è detto “stanco di accettare che attori stranieri interpretino personaggi italiani”. Una polemica, la sua, che ha accompagnato la presentazione del film ‘Ferrari’ di Michael Mann in cui Adam Driver veste i panni del patron della casa automobilistica di Maranello.
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“Mi è stato chiesto – scrive dunque Muccino – cosa pensassi della questione Ferrari e degli attori italiani non utilizzati in ruoli da protagonisti dal cinema americano. Partiamo dall’Italia o dall’America? Partiamo dall’Italia: in tutti i film di coproduzione francese o americana, storicamente, i nostri stessi registi come Scola, Visconti, Bertolucci, e molti altri, hanno usato attori americani al posto di italiani (e non solo). Bertolucci in ‘Novecento’ usò De Niro e Depardieu (e non solo loro) per interpretare i due protagonisti italianissimi, lo stesso fecero Scola e Tornatore facendo interpretare a Philippe Noiret (e non solo) ‘Nuovo Cinema Paradiso’ e ‘La Famiglia’. Idem Visconti nel ‘Gattopardo’ con Burt Lancaster e Alain Delon, ma non solo il ‘Gattopardo’. La lista è molto lunga”.
“I motivi – segnala il regista de ‘L’ultimo bacio’ – erano e sono unicamente produttivi, ovvero legati ai finanziamenti e al marketing di un film. Affinché Michael Mann (solo un esempio tra tanti) assuma un attore italiano in un film major americano, le condizioni sono che questo attore abbia un valore commerciale all’estero, possa andare a promuovere il film in giro per il mondo e sia dunque internazionalmente noto. Non voglio certo entrare in polemica con nessuno – avverte – sono il più grande estimatore dei nostri attori e lo dimostro da sempre, ma le regole dell’industria cinematografica sono chiare e da sempre le stesse, quando Sophia Loren è diventata popolare anche in America ha lavorato con grandi registi americani. Non perché fosse soltanto italiana ma perché aveva un reale valore di mercato”, conclude Muccino.
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