Il Garante per la protezione dei dati personali ha avviato un’indagine conoscitiva sui siti internet pubblici e privati per verificare l’adozione di misure di sicurezza adeguate a impedire a soggetti terzi la raccolta massiva (cosiddetto “webscraping”) di dati personali per addestrare gli algoritmi di intelligenza artificiale
L’indagine metterà sotto osservazione non solo i soggetti pubblici e privati che operano in Italia ma anche quelli che offrono i loro servizi nel nostro Paese e che mettono a disposizione online dati personali liberamente accessibili anche dagli “spider” delle piattaforme basate su algoritmi di intelligenza artificiale.
Come sappiamo, infatti, al fine di addestrare i loro sistemi di intelligenza artificiale per renderli sempre più accurati ed efficienti, la maggior parte delle piattaforme utilizza il “webscraping” per raccogliere in modo autonomo enormi quantità di dati, anche personali, pubblicati per specifiche finalità (cronaca, trasparenza amministrativa ecc.) all’interno di siti internet gestiti da soggetti pubblici e privati.
Il Garante ha quindi rivolto un invito alle associazioni di categoria interessate, alle associazioni di consumatori, ad esperti e rappresentanti del mondo accademico affinché facciano pervenire i loro commenti e contributi sulle misure di sicurezza adottate e adottabili contro la raccolta massiva di dati personali a fini di addestramento degli algoritmi entro 60 giorni dalla data di pubblicazione dell’avviso di consultazione sul sito dell’Autorità.
A seguito dell’indagine conoscitiva, conclude la nota, l’Autorità si riserva di adottare i necessari provvedimenti, anche in via d’urgenza.
Il nostro Garante della privacy, ricordiamo, lo scorso marzo aveva bloccato l’utilizzo in Italia di ChatGPT, il chatbot sviluppato da OpenAI, accusando la piattaforma di mancanza di informativa agli utenti sui dati raccolti e di assenza di base giuridica che “giustifichi la raccolta e la conservazione massiccia di dati personali allo scopo di “addestrare” gli algoritmi sottesi al funzionamento della piattaforma”.
ChatGPT era stata anche accusata di offrire risposte che “non sempre corrispondono al dato reale, determinando quindi un trattamento di dati personali inesatto” e di non avere filtri per la verifica dell’età degli utenti nonostante il servizio sia rivolto agli over 13. In quel caso, OpenAI aveva ottemperato alle richieste consentendo lo sblocco della sua piattaforma.
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