Il piacere del cioccolato è per moltissime persone un rito quotidiano, una “carezza” in un momento di pausa o a fine giornata. Anche salutare, se il cioccolato è il più fondente e puro possibile, perché in questo modo il suo carico di glicemia è ridotto e quindi non ha controindicazioni tipiche di molti altri dolci. Ma fa molto discutere uno studio compiuto dalla Ong Consumer Reports su 48 diversi prodotti a base di cioccolato e, stringendo poi il campo, su 28 tavolette dei marchi più amati e diffusi (qui il documento originale). Si può obiettare che questi prodotti sono esaminati fra quelli presenti nel mercato statunitense, ma essendo i giganti di questo comparto multinazionali, l’obiezione cade. Tanto è vero che ad essere messo “sotto accusa” è un noto marchio di fondazione italiana. Secondo le analisi di Consumer Reports, 23 dei 28 tipi di cioccolato esaminati presentano residui di metalli pesanti oltre la norma. Significa che in tutti quei casi, il cioccolato presenta piombo e cadmio oltre la soglia massima fissata in 0,5 mg e 4,1 mg che si possono assumere al giorno.
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Perugina sotto attacco: botta e risposta
Particolarmente severo il giudizio sul cioccolato Nero Perugina fondente all’85%, che è risultato avere il 539% di piombo e un 68% di cadmio. Il fondente al 70% presenta invece residui di piombo al 314% e di cadmio all’82%. Detto così sembra di spezzare e ingurgitare veleno, ma la multinazionale Nestlé che ha acquistato tempo fa il marchio Perugina ha subito risposto così in un suo comunicato: “Applichiamo standard rigorosi per garantire che i nostri prodotti siano di alta qualità e rispettino tutti i requisiti normativi applicabili, compresi i limiti per cadmio e piombo“. Ma allora da cosa nasce questo allarme alimentare? Andiamo a chiarirlo.
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La differenza la fa sempre la dose
I diavolo, dice il detto, è nei dettagli, e FoodCulture è un canale che si è sempre dedicato al fact checking sul cibo, le bevande e le materie prime con cui sono prodotti. In coda al suo dossier, Consumer Reports chiarisce che anche se messi in evidenza alcuni valori oltre i limiti consentiti, non per questo bisogna rinunciare del tutto al cioccolato fondente: “ll consumo occasionale non li esporrà necessariamente a livelli estremamente elevati di metalli pesanti“. Lo studio nasce dall’esigenza di informare in modo chiaro sulla possibilità di esporsi agli effetti di questi metalli anche attraverso il cibo. Allora bisogna ampliare il discorso e dire che non è un caso che i tipi di cioccolato bianco esaminati abbiano molti meno residui, piombo e cadmio vengono infatti assorbiti dal terreno dalle fave di cacao, e in quelle paste in cui il cioccolato è meno fondente e puro ce n’è semplicemente di meno. Ma il cioccolato bianco, o riempito di creme e aromi ha effetti ben peggiori su glicemia e colesterolo.
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Cadmio e piombo sono da sempre anche in altri alimenti
Peraltro, residui di piombo si trovano anche in té, caffé, verdure, cereali, diversi tipi di ortaggi. Il cadmio entra nel nostro organismo attraverso il fumo di sigaretta ma pure con il consumo di pasta, riso e verdure. Morale: un’alimentazione sana, varia e bilanciata non espone a rischi di intossicarsi e sviluppare malattie da metalli pesanti. E per concludere: l’Efsa, autorità di sicurezza alimentare Ue, ha stabilito i limiti residui di piombo negl alimenti fra i 0,20 mg/kg e i 0,50 per chilo. Per quanto riguarda il cadmio: per una porzione da 30 grammi (quattro quadratini) di cioccolato non si devono superare i 24mg. Valore ben più alto di quello emesso dallo Stato della California e usato da Consumer Reports, dato che negli Usa non esistono regole comunitarie come in Europa. La moderazione nel consumo resta quindi il criterio migliore per evitare di intossicare l’organismo umano adulto e di esporre neonati e bimbi piccoli, così da non favorire l’insorgere di malattie cardiovascolari, patologie renali, ipertensione e tumore al polmone.
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