Empatia. E’ una delle qualità spirituali che ogni cristiano è chiamato a sviluppare nella propria vita se ha davvero capito cosa c’è scritto nella Bibbia, quale sia il messaggio profondo che arriva da questo libro e cosa abbia voluto insegnare Gesù Cristo fino alla sua morte sacrificale. Empatia, significa letteralmente capacità di mettersi nei panni degli altri. Di non dipendere solo dal proprio sguardo. Su questa qualità, a ben vedere, Ficarra e Picone hanno costruito Santocielo. E il titolo del film deve essere stata anche l’escalamazione con la quale tutta una serie di religiosi hanno reagito al film comico quando è arrivato nelle sale. Doveva far ridere, è diventato “blasfemo”.
Perché l’attacco al film
E’ stato soprattutto Don Mario Sorce, della chiesa del Sacro Cuore di Gesù di Agrigento ad attaccare frontalmente il film, con corollario social di coloro che si sono rispecchiati nelle sue opinioni. Secondo Sorce, Santocielo è blasfemo perché “si evince che Dio è un imbranato, che Gesù si incarna nuovamente e cosa più grave che si incarna nel ventre di un uomo e dulcis in fundo il Paradiso è un perfetto caos. Posso capire che si cerca la novità per far ridere ma questo è troppo. E’ blasfemo e va denunciato come tale e certamente non andrò a vederlo neanche per curiosità”. Colpo di grazia per il don deve essere stata anche l’idea di rendere altrettanto imbranato l’angelo Aristide (Picone) che posa per sbaglio la sua mano guantata di miracoloso sul grembo del manager Nicola (Ficarra) che passa la giornata fra grane di lavoro e un rapporto a pezzi con la moglie. E Dio, interpretato da Giovanni Storti del trio con Giovanni e Giacomo, che dall’alto esclama: “Ma questo è un deficiente“.
Lascia stare i santi
In Italia si sa, con la Chiesa in casa, scherzare su temi religiosi è sempre rischiosissimo. E Ficarra e Picone se ne stanno rendendo conto, pur se hanno risposto a sdrammatizzare “macché blasfemia, il nostro film è un inno alla gioia“. Di fatto è irriverente la rappresentazione che viene data del Paradiso, come una sorta di ufficio ingolfato, un senato romano popolato da spiriti eletti che discutono animatamente. E certo mettere gli spettatori di fronte a un uomo incinto per sbaglio, mentre si crea un rapporto di grande simpatia (che non andrà mai oltre) fra la suora interpretata a Maria Chiara Giannetta, la Blanca dell’acclamata serie tv, può far stare molti seduti su una lama affilata. Nel mezzo ci sono molte risate, un discorso sulla preghiera che ha il suo valore massimo quando si allontana da formule recitate a memoria (e quindi prettamente cattoliche), una famiglia scassata da più parti che prova a ricomporsi ripartendo dalla reciproca comprensione. Non piacerà a integralisti e ultra ortodossi della dottrina, strapperà più di una risata a tutti gli altri.
Post comments (0)