La red passionè costruita sulla fiducia e il valore di un grande marchio come è Campari, colosso italo-olandese di alcolici fondato nel 1860 a Novara, risente delle oscillazioni sulla chiarezza delle operazioni commerciali. Specie se arriva l’accusa di dumping da parte della Cina. Non ha riguardato solo Campari ma si è estesa ad altri grandi marchi di bevande alcoliche, provocando un crollo dei valori di quotazione. Coinvolti in questo scivolone borsistico anche Pernod Ricard e Rèmy Cointreau come anche Hennessy, del gruppo Lvmh. Spieghiamo cosa è accaduto in dettaglio. E la reazione di Campari già in atto.
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L’accusa di dumping
A provocare la perdita di valore in listino è stata l’accusa delle autorità cinesi di aver praticato il dumping. Cioè la vendita di un prodotto (come sono le varie linee della Campari) su un mercato estero a un prezzo inferiore a quello stabilito per il mercato interno. Questa pratica viene vista come negativa perché considerata “predatoria” di fette di mercato estero e quindi causa di distorsioni economiche e finanziarie. Le Borse la guardano con sospetto e da tempo l’Ue mira a sanzionarla in modo da ridurla il più possibile. Quando il governo cinese, da tempo in un duro confronto con l’Ue e gli Usa sui prezzi finali dei prodotti da esportazione, ha accusato una serie di grandi marchi di bevande di praticare il dumping, i loro titoli fra cui quelli di Campari hanno perso rapidamente valore. Nel dettaglio: Campari ha perso quasi il 2%, più o meno quanto Hennessy, peggio è andata a Pernod (-4,76%) e a Remy Cointreau (-10,97%). L’accusa è partita dalla China Liquor Association in accordo con l’industria cinese degli alcolici da vino. E’ considerata una risposta “alcolica” alla guerra cominciata fra istituzioni europee e Pechino: le prime hanno limitato massicciamente l’esportazione di chip, il Dragone ha risposto colpendo uno dei settori europei più ricchi, quello degli alcolici. Ma il marchio italo-olandese ha già ricominciato a organizzarsi.
L’operazione Courvoisier
In queste ore Campari lancia la massiccia acquisizione di un altro marchio storico e prestigioso, Courvoisier. Ci vogliono 1,2 miliardi di euro a cui si arriverà con l’aumento di capitale da 650 milioni che passa per il collocamento in Borsa di nuove azioni più l’emissione di un bond da 500 milioni. Questo dovrebbe consentire al marchio di riprendere quota, di acquisire uno storico rivale e di evitare ulteriore indebiamento, lasciando che la famiglia Garavoglia mantenga il controllo di Campari e che la straniera Lagfin continui ad essere nel pacchetto di controllo ma in posizione più defilata. Risultato? Il primo contraccolpo è stato negativo col titolo Campari che ha perso il 5,19% a Piazza Affari, ma lo sguardo dell’azienda e degli operatori del settore è fiducioso perché darà flessibilità finanziaria al marchio, e spalle più larghe per continuare a stare sul mercato mondiale resistendo alla guerra dei dazi e agli “sgambetti” dei singoli governi, specie di quello cinese che peraltro importa massicce quantità dell’alcolico rosso nato in Italia.
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