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Ambiente

La fragile filiera mette a rischio l’olio siciliano

today18 Gennaio 2024

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Una filiera troppo polverizzata e il cambiamento climatico pregiudicano il comparto dell’olio siciliano: aziende meno competitive sul mercato e calo della produzione mettono a rischio il settore. È l’analisi di imprenditori e operatori del settore: quasi 200 aziende, 50 frantoi e cinquemila piccoli produttori che fanno capo al Cofiol, il consorzio filiera olivicolo, che hanno fatto il punto sulla situazione del comparto nel corso della 14esima edizione della manifestazione “L’Isola del tesolio” all’Hotel La Torre di Mondello a Palermo.

L’imprenditore Barbera: «Olio come il Dom Pèrignon»

Ed è stata l’occasione per lanciare l’allarme sulla scorta dei dati dell’ultima campagna olearia: «Il cambiamento climatico che ha visto il protrarsi di un caldo eccessivo dall’inizio dell’anno scorso – spiega l’imprenditore oleario Manfredi Barbera – ha determinato il bruciarsi della fioritura, con un calo produttivo di oltre il cinquanta per cento rispetto alle 50 mila tonnellate della nostra produzione abituale. Già i prezzi sono più che raddoppiati, tra qualche mese rischiamo che il prezzo lieviti ancora di più e che il costo dell’olio sarà quello del Dom Pèrignon. Come azienda abbiamo investito su un impianto di oliveto moderno, che funziona attraverso un grande lago che fa da riserva idrica così nel momento in cui ci vuole irrigazione di soccorso possiamo provvedere ma l’aumento dei prezzi è allarmante nella misura in cui stiamo perdendo quote di consumo. Il costo di un litro d’olio è passato da 5-6 euro a 13-15 euro e questo determina il ritorno al consumo dell’olio di semi e questo è drammatico».

La via maestra: innovare la filiera

Certo l’accostamento con lo champagne è forte ma è la prospettiva che vede chi si confronta quotidianamente con il mercato ma anche con le fragilità del sistema produttivo siciliano. «La Sicilia paga il prezzo di una filiera che è troppo polverizzata che significa essere meno competitivi sul mercato, non possiamo competere con la Spagna, che ha distese di pianure immense, bisogna prevedere nuovi impianti di oliveti ed è necessario che gli assessorati strategici lavorino sinergicamente per rispondere alle esigenze della filiera» insiste Barbera. La via d’uscita? «Innovare la filiera olearia, puntando su ricerca e sperimentazione per affrontare le sfide del futuro, per creare un olio moderno e sostenibile ma sempre nel rispetto della tradizione» spiegano imprenditori ed esperti. «La produzione media di olio in Sicilia è di circa 50.000 tonnellate – dice Tiziano Caruso, docente all’università di Palermo – e nella stagione 2023 c’è stato un calo di produzione di olio di circa il 10% malgrado la produzione di olive sia stata nel 2023 il 30 % meno. La minore produzione di olive è stata compensata dalla maggiore resa in olio che mediamente è passata dal 15 al 19 % (+ 4% di resa in olio nel 2023). È ormai evidente che non si possono più impiantare oliveti seguendo il modello tradizionale ma bisogna rinnovarsi tutelando la biodiversità, ammordenare gli impianti riducendo l’ impatto ambientale con una gestione non chimica ma organica e biologica e con l’uso di prodotti naturali».

Assessore Sammartino: «Pronti a fare la nostra parte»

Ed è la strada che sembra voler seguire anche la Regione siciliana: «La Regione sta investendo nella filiera produttiva e ha previsto anche il bando dei frantoi per mettere al centro la meccanizzazione e rendere l’olio siciliano più adeguato alle sfide del futuro, della sostenibilità, della ricerca e dell’innovazione, che lo attendono – spiega l’assessore regionale all’Agricoltura, Luca Sammartino –. È fondamentale sia scalare i mercati sia posizionarsi su un prezzo che possa rendere redditizio il lavoro di agricoltori e trasformatori. Come assessorato saremo sempre pronti a dare il nostro sostegno per venire incontro alle esigenze dei frantoiani e, come ha già sottolineato Barbera, è importare puntare sul lavoro sinergico tra gli assessori regionali al Turismo, ai Beni culturali e alle Attività produttive».

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Scritto da: redazione

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