Il grande marchio di pasta italiana criticato e boicottato per aver ospitato il vicepremier Salvini. Dieci anni fa tutti si spesero per evitarne il fallimento
di FoodCulture
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Dalla polemica politica FoodCulture si tiene alla larga il più possibile, qui si parla di eccellenze del cibo. E se si parla di pasta italiana, Rummo è senza dubbio uno dei marchi più noti e apprezzati. In queste ore non si parla che della tempesta di fango che dai social fino alle aule del Parlamento ha travolto il marchio campano. Fondato nel 1846 da Antonio Rummo e già colpito duramente dall’alluvione che ha segnato il Sannio nel 2015, il pastificio quasi dieci anni fa innescò una gara di solidarietà e spinse testimonial eccellenti come Fiorello, The Jackal e la sempre polemica Selvaggia Lucarelli a spendersi in suo favore. Ora Rummo è nei guai, al centro di una tempesta di polemiche che lascia increduli molti e fa capire come stia deragliando la questione del “cibo nazionale” o “nazionalista”.
“Che cosa abbiamo fatto di male?”
Ed è qui che la vicenda scollina in parte nel politico. Perché pasta Rummo ha ospitato nel suo stabilimento il vicepremier Matteo Salvini che ne ha decantato la bontà ed eccellenza, mostrandosi sui social in video e commentando: “ll profumo non vi arriva, ma alla faccia di quelli che vogliono la farina di insetti, i vermi, i grilli, le cavallette, quelli che a Bruxelles combattono la dieta mediterranea, viva la nostra pasta. Qua Rummo fa 800mila confezioni di pasta al giorno. Ed è una cosa straordinaria“. Siamo in pieno clima di elezioni e si avvicinano le Europee, l’idea che il leader della Lega abbia lanciato frecciate politiche sul cibo “nazionale” o meno mentre era ospite da Rummo ha innescato quella che si chiama in gergo una shitstorm. Tempesta di…fango, per tenerci eleganti con le parole. Chi invita a boicottare il marchio perché “arruolato” dai leghisti, chi addirittura parla di “traffico di influenze”. E alla Rummo si chiedono cosa hanno fatto di male per meritare di essere finiti al centro di una polemica politica.
Dieci anni per riprendersi
Pasta Rummo è uscita così segnata dalla catastrofe naturale del 2015 da evitare il fallimento concordando un rilancio con dilazione del debito in dieci anni, accordata dal Tribunale di Benevento e poi, tre anni dopo, dalle banche. E’ ancora in laboriosa risalita. Ma ora è accusata di essere la “pasta della Lega”. Ovviamente dall’altra parte, destra-centro, arriva la difesa d’ufficio. Ma il punto è un altro: questa polemica insistita rimbalzata su giornali, tv, social e altri media, a chi giova? Cosimo Rummo, titolare dell’azienda ha commentato: “Sono senza parole. Il ministro delle Infrastrutture viene a fare investimenti a Benevento, chiede di venire a visitare lo stabilimento, non capisco che vogliono. Dovevo chiudergli la porta in faccia? Non capisco“. E ancora: “Anche altri politici, come l’allora premier Gentiloni e il ministro Orlando, hanno visitato la nostra azienda. Non chiedo la tessera di partito a nessuno quando entra a casa mia. Le aziende hanno un valore sociale. Io lavoro con tutto il mondo“. Il bello è che la solidarietà arriva anche da chi non ha votato per questo governo. Ma nel mentre il marchio è sotto attacco.
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