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Sanremo 2024 verso la finale: un festival con troppi artisti e poco coraggio

today10 Febbraio 2024 9

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Stasera sapremo chi vince la 74esima edizione del Festival di Sanremo. Con i numeri di ascolti che ha fatto in queste cinque edizioni e la raccolta pubblicitaria che veleggia verso il traguardo record di 60 milioni, è praticamente impossibile attaccare la direzione artistica di Amadeus. Se c’è un erede di Pippo Baudo, nella capacità di re-inventare il format a propria immagine e riavvicinarlo alla discografia «reale», questi è senza dubbio Amedeo Umberto Rita Sebastiani da Ravenna. Giù il cappello di fronte ai numeri, insomma. Però c’è un però. C’è sempre un però, come cantavano allo Zecchino d’Oro qualche anno fa.

Show troppo scolastico

Gli ascolti e la raccolta pubblicitaria lo premiamo, ma onestà intellettuale obbliga a dire che questo del 2024 è stato il meno interessante dei cinque festival di Amadeus, quello scritto peggio sul piano televisivo e meno coraggioso sul piano dell’offerta musicale. Partiamo dalla Tv: a parte le rabone di Fiorello, il classico fuoriclasse che ti può cambiare il risultato in qualsiasi momento della partita, la sensazione è che sui testi ci si doveva lavorare di più. Costruzione dello show troppo scolastica. Fateci caso: gag contingentate e non originalissime (Marco Mengoni in versione Luca Laurenti grida vendetta, ininfluente Teresa Mannino), poi intorno alle 22 arrivava puntuale il drama moment, la pausa di riflessione inattaccabile, perché la sostanza (la storia di Giogiò, la testimonianza di Giovanni Allevi) è materia delicata, a proposito della quale mettersi a discutere della forma può sembrare blasfemo. Ma la forma è sostanza e se ne dovrebbe discutere eccome: si poteva e si doveva fare meglio. Ci chiediamo se il divorzio tra Amadeus e lo storico manager Lucio Presta, alla vigilia del Festival, abbia in qualche modo influito sulla qualità della scrittura.

Ospiti internazionali ininfluenti

Certo, abbiamo visto tornare gli ospiti internazionali. Ma, se tutto quello che oggi passa il convento sono John Travolta e Russell Crowe, ne avremmo fatto volentieri a meno. Il caso Travolta è stato un pasticcio assoluto: qualcosa di pensato male e gestito peggio che, a quanto pare, finirà davanti a un Tribunale. Quanto a Crowe, stiamo parlando di un attore che è stato importante, di un uomo che come tutti noi ha un hobby e quell’hobby è cantare il blues. La Rai gli ha aperto le porte del principale evento televisivo dell’anno per lanciare il suo tour estivo che farà tappa al Parco del Colosseo, dove una volta suonava Paul McCartney, e all’Anfiteatro di Pompei, dove una volta suonavano i Pink Floyd. Niente male per un dopolavorista della musica.

Scelte musicali poco coraggiose

E qui veniamo alle scelte musicali. Discutibili in termini di quantità e qualità. Sulla quantità tocca dire che 30 canzoni in gara sono veramente troppe. Abbiamo da tempo fatto pace con la necessità di far durare le serate di Sanremo almeno cinque ore, perché altrimenti sarebbe impossibile arrivare a fatturare 60 milioni, ma se ci metti 30 cantanti resta davvero poco tempo per fare altro. Abbiamo assistito a pesanti maratone, una canzone via l’altra. Esperimenti improduttivi, tipo i cantanti che annunciavano i cantanti. Con due effetti collaterali: rendere ancora più inutili i co-conduttori e ridurre le conferenze stampa a una riffa a portata di selfie. A proposito della qualità: che senso ha far salire a 30 le canzoni in gara, se poi non si varia sui generi (tutto urban, cassa in quattro e ballatone), se poi almeno un terzo delle 30 presenta pesanti somiglianze con canzoni pre-esistenti? La sensazione è che Amadeus, arrivato all’ultimo mandato e forte dei risultati delle precedenti edizioni, ha fatto un po’ quello che ha voluto. Ma non nella direzione del coraggio: nei precedenti quattro festival il direttore artistico ha infatti rischiato in più di un’occasione la canzone d’autore (Colapesce e Dimartino, Extraliscio, Giovanni Truppi), quest’anno no. Quest’anno si registra che un gruppo consolidato di 13 autori ha scritto dalle due alle quattro canzoni, che c’è la loro firma su 16 dei 30 pezzi in gara. E a casa ci è rimasta gente come i Subsonica che un mese fa ha tirato fuori un disco bellissimo. Boh. Se non altro abbiamo avuto modo di riflettere sui grandi della canzone italiana di ieri. Sentendo gli artisti esibirsi in queste sere, infatti, ci veniva spesso in mente un vecchio verso di Faber: «Sono loro stasera i migliori che abbiamo?».



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Scritto da: redazione

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