L’occupazione femminile è minacciata sotto più punti di vista. In Italia, così come all’estero, sul lavoro delle donne si dibatte per capire come promuovere una maggiore coesione e inclusività che possano garantire il raggiungimento della parità di genere in tutti i settori professionali.
Con la diffusione dell’intelligenza artificiale (Ai), però, è entrato in gioco un nuovo problema: ci sono lavori che l’Ai sarà completamente in grado di sostituire? E che fine faranno quegli stessi lavoratori che si vedranno rimpiazzati da una macchina? Vediamo insieme cosa dicono i dati in merito.
Ai e lavoro: cosa potrebbe cambiare
L’Università della Pennsylvania, in collaborazione con OpenAi e Open Research, ha studiato l’impatto dell’intelligenza artificiale sul mercato del lavoro. In questo studio emerge che alcune categorie professionali potrebbero vedere entro la fine del 2030 dei numerosi cambiamenti, maggiori rispetto ad altri settori.
Se l’Ai sarà in grado di velocizzare l’80% delle mansioni che svolgono i lavoratori, grazie all’uso di nuovi software, la domanda e se ci sono alcuni lavoratori che, invece, potrebbero vedersi completamente sostituiti. I lavori che potrebbero cambiare quasi radicalmente sono quelli legati al mondo matematico e all’analisi finanziaria, al settore degli impiegati amministrativi e contabili, così come per i web designer, ingegneri della blockchain e l’editoria e la scrittura. I lavori che, invece, potrebbero cambiare di meno rispetto al presente sono legati per lo più ad attività manuali e tecniche come cuochi, meccanici, operatori agricoli o elettricisti, ad esempio.
Donne e Ai
Quello che è emerso, però, da analisi e ricerche, come quella del McKansey Global Institute, è che le donne, nello specifico, rischiano di più. Nonostante si trovino a dover “combattere” una disparità diffusa in molti Paesi – Italia quarta in Europa per disparità, solo nel settore privato, ad esempio -, le donne potrebbero ritrovarsi anche a dover capire se l’Ai possa sottrargli il posto di lavoro. Il quadro designato è quello di un lavoro d’ufficio quasi o completamente automatizzati, altrettanto per lavori di segreteria, registri e raccolta dati, che, spesso, sono per lo più occupati dalle donne rispetto che dagli uomini.
Così, man mano che l’automazione, anche parziale, diviene la normalità, alcuni ruoli di gestione e relativi ai rapporti con e tra le persone, potrebbero acquisire maggior rilevanza ed essere meno soggetti alla sostituzione da parte dell’Ai.
Gli ultimi dati Istat in materia hanno registrato che, nel settore della pubblica amministrazione, le donne al vertice erano il 15,7%. Negli altri organi di governo – deliberativi ed esecutivi – la presenza delle donne in ruoli apicali è un po’ più elevata, ma sempre contenuta: intorno al 30%. Maggiormente diffusa la presenza femminile nei vertici amministrativi delle istituzioni con il 42,6%. Non cambia lo scenario se si guarda al settore privato nel quale l’Italia risulta quarta in Europa per divario di genere, con un’occupazione femminile apicale solo in casi di laureate. Il Censis lo ha definito “talento mortificato” parlando delle 9 milioni e oltre 700mila che rappresentano il 42% circa del totale degli occupati italiani. E anche in Europa la situazione non è differente con l’80% di uomini occupati a fronte del 63% delle donne.
L’importanza della formazione universitaria è testimoniata dal fatto che, ad esempio, nei settori privati le donne riescono ad avere una carriera crescente principalmente se in possesso di titoli di studio più elevati. Entro il 2030, i lavori in Europa e negli Stati Uniti potrebbero richiedere fino al 55% di tempo in più per l’utilizzo di competenze tecniche e il 24% di ore in più per l’utilizzo di competenze sociali ed emotive.
I settori scientifici (Stem) e dell’informazione e delle telecomunicazione (It) saranno quelli suoi quali puntare sin da oggi affinché, a parità di sostituzione da parte dell’automazione dell’Ai, non aumenti il divario di genere occupazionale e donne e uomini siano ugualmente in grado di gestire i processi che regolano tali ambiti promuovendo un maggior incontro tra domanda e offerta lavorativa e una relativa integrazione del capitale sociale e umano.
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