ll grande marchio introduce la novità in menu. Ma ha problemi ben peggiori: condizioni di lavoro inique, sindacati respinti, e la rabbia di giovani e atenei
di FoodCulture
A fine 2023 il marchio Starbucks contava 36.171 negozi in 83 Paesi del mondo. Centinaia di migliaia di dipendenti. Ne ha fatta di strada la “caffetteria esperenziale” nata nel 1971 a Seattle da tre studenti universitari che si erano incontrati a San Francisco: gli insegnanti Jerry Baldwin e Zev Siegl, e lo scrittore Gordon Bowker. E’ imminente l’apertura di un nuovo punto della grande catena multinazionale a Bologna. Ma Starbuck in queste ore fa discutere per due cose: il lancio del caffé aromatizzato al maiale brasato. E la protesta contro le condizioni lavorative inique che ha portato alla sollevazione degli studenti e alla minaccia da parte di 25 università americane di cancellare tutti i contratti con il celebre marchio. Andiamo con ordine.
Caffé al maiale
Si sa che Starbucks nasce per offrire un’esperienza al consumatore, dentro un ambiente caldo e rilassante in cui bere diverse bevande più o meno calde e beneficiare dei servizi aggiunti. Quindi non solo frappé, frappuccino, latte macchiato, ma anche una serie di innovazioni come il frappuccino al gusto di caramella. Ma il nuovo lancio in menu riguarda il caffé al maiale brasato fa discutere. Costa circa 10 euro ed è preparato con espresso, latte, cottura al vapore e poi salsa aromatizzata di maiale brasato e guarnizione finale con listello croccante (una chips) di petto di maiale. Il lancio è partito dalla Cina durantre il recente Capodanno lunare poiché in quel Paese il maiale è considerato simbolo di buon auspicio, una sorta di portafortuna alimentare. I puristi del caffé espresso resteranno inorriditi o, nel migliore dei casi, incuriositi. Nel mentre Starbucks sperimenta guai peggiori.
Condizioni di lavoro
Sono già 25 le università ameicane che hanno preannunciato di voler interrompere ogni rapporto con Starbucks. Significa chiusura di caffetterie, punti vendita, punti di ristoro e svago connessi ai campus che vedrebbero la sostanziale espulsione del marchio e delle sue attività. Motivo? Le condizioni di lavoro ingiuste e ancora peggio, il non riconoscimeno dei sindacati interni all’azienda che si stanno costituendo nelle varie sedi (già 400 nei soli Stati Uniti). Se lavori per Starbucks devi accettare in toto le condizioni di paga, disponibilità, orario senza chiedere miglioramenti o far presenti criticità. Perché il dialogo con la controparte sindacale viene semplicemente ignorato. A sostegno degli Starbucks Workers, come va chiamandosi la rappresentanza a favore dei lavoratori, ci sono molti studenti che non vogliono che una parte delle tasse che pagano agli atenei finiscano per finanziare servizi di ristorazione di un’azienda che maltratta chi ci lavora dentro e ignora confronto e dialogo. E non è che il caffé di buon auspicio al sapore di maiale possa risolvere un problema in costante peggioramento.
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