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Ambiente

All’Italia la riduzione dei fertilizzanti costa 5,4 miliardi di euro

today5 Marzo 2024 22

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L’obiettivo Ue di ridurre del 20% l’uso dei fertilizzanti chimici nei campi entro il 2020 all’Italia costerà 5,4 miliardi di euro. I calcoli arrivano dall’Università Cattolica e verranno presentati oggi a Bruxelles, nel corso dell’incontro #Agrifood24 organizzato da Withub. Alle tavole rotonde partecipano anche, tra gli altri, il Commissario Ue all’Agricoltura Janusz Wojciechowski, il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, quello della Cia Cristiano Fini e il vicepresidente del Copa Cogeca, Leonardo Pofferi.

Per la riduzione della chimica nelle campagne del continente la strategia From farm to fork prevede due grandi target, uno per i pesticidi e uno per i fertilizzanti. Ma se sui primi la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leien, il mese scorso ha fatto marcia indietro anche per rispondere alle manifestazioni dei trattori, sui fertilizzanti gli obiettivi fissati nell’ambito del Green deal ad oggi sono rimasti inalterati. Come nel caso dei pesticidi, però, meno concimi significa nell’immediato meno produttività.

Sulla base dei dati dell’Università Cattolica il centro studi Gea calcola per esempio che, riducendo i fertilizzanti del 20%, la resa del grano duro in Italia calerebbe del 14,5% e quella del grano tenero del 12,3%; il mais diminuirebbe del 12%, la produzione di mele del 10,5%, quella di pesche del 14,3%, il pomodoro del 12,6%, la soia del 6,6% e l’uva da vino del 9,9%. Tra mancato raccolto della materia prima nei campi e calo della trasformazione da parte dell’industria alimentare, dunque, il conto per il made in Italy sarebbe di 5,4 miliardi di euro.

L’opzione dei biostimolanti in campo

In questo scenario di perdita di produttività, sostengono i ricercatori della Cattolica, potrebbero però avere un ruolo importante i biostimolanti. Si tratta nutrienti naturali come estratti di alghe, proteine idrolizzate, batteri e altri microrganismi che, aggiunti ai terreni, sarebbero sostanzialmente in grado di compensare la perdita di fertilità derivata dalla riduzione del 20% dei fertilizzanti azotati. Nei test in campo effettuati sul pomodoro, per esempio, i ricercatori si sono addirittura accorti che, a fronte di una riduzione dei fertilizzanti anche del 30%, grazie all’impiego di biostimolanti la resa in termini di frutti è statisticamente superiore a quella ottenuta con fertilizzazione 100%. Nel caso in particolare del pomodoro, utilizzando batteri derivati dagli scarti della filiera agricola si ottengono piante con radici molto più grandi, capaci dunque di sfruttare meglio gli elementi nutritivi contenuti nei terreni.

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A differenza dei concimi azotati, inoltre, i biostimolanti costituiscono una classe di nutrienti che, non derivando dal metano, non dipendono dalle fluttuazioni del mercato energetico internazionale. «Nella direzione dei biostimolanti oggi investono molte industrie dell’agrofarmaco – spiega Edoardo Puglisi, professore di Microbiologia agraria all’Università Cattolica – sul mercato sono già disponibili alcuni prodotti e molti altri sono oggi in fase di sperimentazione». Il costo di questi nuovi prodotti? «Rispetto al ricorso esclusivo ai fertilizzanti – spiega il professor Puglisi – la combinazione in campo tra concimi e biostimolanti richiede una spesa maggiore ma solo di poco».



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Scritto da: redazione

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