Il grande trombettista è al centro di “Berchidda Live”, un film che racconta i primi 35 anni di “Time in jazz”, un piccolo grande miracolo conosciuto in tutto il mondo
Nell’ultimo fotogramma lo vedi spiccare un balzo fino a salire sopra una nuvola con la sua immancabile tromba in mano e suonare verso il Cielo. È solo un fumetto ma ha il merito di catturare l’essenza di Paolo Fresu, un artista unico che ha qualcosa di mistico nel suonare quello strumento divenuto un prolungamento naturale oltre che delle sue labbra anche della sua anima. E non deve essere un caso se Ornella Vanoni, con quel suo humor sarcastico e un po’ macabro, gli ha chiesto da tempo di essere lui a suonare al suo funerale.
Quando ho potuto toccare la tromba
Uno strumento, che come racconta lui stesso, “mi ha scelto fin da bambino. Eravamo una famiglia povera e c’era quella tromba in casa perché mio fratello aveva iniziato a suonarla e poi l’aveva abbandonata. Mia madre l’aveva messa in alto sulla libreria e io non mi ci potevo avvicinare. La felicità è stata quando ho potuto finalmente prenderla tra le mani”. Da allora non si sono più lasciati. E la tromba è diventata la compagna di strada di un artista che dal piccolo paese di Berchidda ha conquistato il successo nazionale e internazionale. Da anni Fresu vive a Bologna ma Berchidda e la sua Sardegna sono rimasti parte integrante del suo cuore. Tanto che nell’estate del 1988 tra quelle valli incantate ha dato vita al “Time in Jazz”, più che un Festival un piccolo gigantesco miracolo fatto di concerti in mezzo agli alberi e di happening tra i nuraghi, di eccellenze della musica e della letteratura provenienti da ogni dove e di cene al lume di luna.
Cabiddu: “Sono andato a Berchidda e non me ne sono più andato”
Un miracolo che va avanti da 35 anni e che il regista Gianfranco Cabiddu con la complicità dello stesso Fresu ha deciso di celebrare degnamente in un film emozionante e imperdibile, “Berchidda Live – Un viaggio nell’archivio di Time in Jazz”. È lo stesso Cabiddu a raccontare: “la prima volta che sono andato a Berchidda era il 1994. Stavo preparando un film fatto di immagini mute e accompagnato da esibizioni live nel quale ho coinvolto Paolo (il film è “Sonos e Memoria” e chi non l’ha visto lo recuperi perché ne vale la pena). E da allora non me ne sono più andato”. Così, anno dopo anno, Cabiddu ha messo insieme un archivio di concerti e testimonianze fatto di oltre 1500 ore di girato: ed è stato da lì che è partito, con Michele Mellara e Alessandro Rossi, per sintetizzare in un’ora e mezza quello che “Time in Jazz” ha significato in tutti questi anni.
Le lacrime di Lella Costa e la furia di Uri Caine
Vediamo Lella Costa commuoversi fino alle lacrime mentre legge “passavamo sulla terra leggeri” di Sergio Atzeni, Uri Caine tempestare il piano di note, così come Stefano Bollani. Vediamo gli Art Ensemble Of Chicago raccontare come si sono innamorati della musica di Fresu ed Erri De Luca affabulare quel pubblico di fedelissimi che ogni anno ad agosto si ritrova a Berchidda. E poi Bill Frisell, Ornette Coleman, Enzo Avitabile, Carla Bley, Rita Marcotulli, Enrico Rava, Gianmaria Testa, Dori Ghezzi e Cristiano De André e un rosario che sembra infinito di artisti che con Fresu hanno in comune la visione di ciò che può fare l’arte. E poi c’è lui, quel folletto che piega la gamba mentre fa risuonare la sua anima: “Lo strumento è solo un mezzo per esprimere ciò che hai dentro e non può prescindere dalla conoscenza del passato per tracciare un segno che guardi al futuro”. “Berchidda Live” è ora al cinema.
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