La recensione del survival horror retrò di SFB Games, un classico moderno che attinge a stilemi vecchi di 25 anni senza fermarsi alle apparenze
Ci eravamo lasciati a dir poco entusiasti dopo la demo di Crow Country, e ora che abbiamo potuto mettere le mani sull’opera completa non possiamo che trovarci d’accordo col resto del web (o almeno buona parte di esso): il titolo SFB Games è uno dei migliori indie di questo inizio 2024 e più in generale uno dei migliori survival horror degli ultimi tempi,nonché un ottimo esempio di come si possa far leva sulla nostalgia dei giocatori più attempati senza dimenticare di proporre un’esperienza avvincente e originale, dalle atmosfere dense ma comunque giocosa, come i grandi classici di una volta, da Resident Evil a Silent Hill.
Lo stile adottato da Crow Country è decisamente meno “spaventoso”, dal design “polpettoso” delle creature ostili ai modelli super deformed dei personaggi, ma non manca di risultare inquietante con luci soffuse, scenari decadenti molto riusciti e un’eccellente cura per il sonoro, tra effetti sinistri e musiche ambient grottesche, in netto contrasto con il piacevole jingle delle aree di salvataggio, unico punto sicuro in un labirinto di schifezze immonde.
A tal proposito, la mappa del Crow Country è davvero ben riuscita, un rompicapo interconnesso che farà la gioia degli speedrunner e dei giocatori più attenti. Ogni stanza nasconde segreti, oggetti da raccogliere, quintali di piccoli particolari minuziosamente dettagliati, molteplici punti di ingresso che rendono l’esplorazione tutt’altro che lineare, e ovviamente valanghe di trappole e mostri pronti a farci la pelle, forse un po’ troppi nelle battute conclusive – almeno per il quantitativo di munizioni in saccoccia, ma come in ogni survival horror che si rispetti non siamo obbligati a fare piazza pulita, anzi.
La storia con protagonista Mara Forest è vissuta perlopiù attraverso documenti ritrovati in ogni dove e narrano una vicenda davvero interessante, che non perde mordente sino al suo epilogo. È possibile incontrare altri personaggi mentre esploriamo gli anfratti del parco dei divertimenti abbandonato, ma il loro ruolo è piuttosto evanescente e si limiteranno a fare da comparse in un susseguirsi di eventi che ci porterà sempre più nelle profondità di una location ricca di fascino, diroccata ma ancora funzionante, dagli ascensori ai cabinati arcade (che funzionano, possiamo provarli in appositi minigiochi).
Come in ogni horror vecchia scuola non mancano enigmi di ogni sorta e combinazioni da memorizzare. Carta e penna saranno i vostri migliori alleati, perché qui c’è parecchia roba da ricordare, dai codici di accesso ai vari terminali alle informazioni dei volantini utili per risolvere le prove (alcune assai ingegnose) che il gioco ci tirerà addosso. Indizi e soluzioni non sono mai criptici, né nascosti troppo bene, ma sono tanti e davvero ben studiati, e portano più volte a tornare sui propri passi per sbloccare ricompense niente male. Sì, c’è un sacco di backtracking all’orizzonte, spesso da accompagnato dal respawn dei nemici, ma i vari “biomi” sono molto compatti e vantano diverse scorciatoie; insomma, se vi piace setacciare a fondo gli ambienti di gioco qui troverete pane per i vostri denti.
Quanto al combat system, Crow Country combina l’approccio “goffo” dei vecchi esponenti del genere con soluzioni più moderne e approcciabili. Si spara da fermi, con la possibilità di muovere liberamente il mirino. Questo agevola la rimozione di trappole e le chance di centrare in testa i bersagli per un soddisfacente headshot. Ci si sente vulnerabili quando si è costretti a sfoderare la pistola (o il fucile a pompa, o il lanciafiamme, o il revolver…), ma sempre in controllo. La difficoltà è ben calibrata, con diverse opzioni per personalizzare l’esperienza a seconda dei propri gusti (fino a rimuovere completamente l’aggro dei nemici), e l’interfaccia minimale funziona a meraviglia.
La campagna non è particolarmente longeva, ma ci sono un sacco di segreti da scovare che vi porteranno via un bel po’ di tempo. Il ritmo è sempre sostenuto, un vero piacere da giocare, e la rigiocabilità è assicurata da bonus e valutazioni a fine sessione, più una piccola sorpresa nel “new game plus”. Difetti? Una volta uno dei personaggi con cui dovevamo parlare si è buggato (ed era proprio quello che potenziava la pistola…), negandoci l’interazione, mentre abbiamo trovato la colonna sonora del seminterrato un pelo troppo assordante; va bene fare il verso agli incubi diSilent Hill, ma vorrei conservare intatti i timpani.
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