Le lancette dell’orologio cosmico che misura la nascita delle prime galassie vanno spostate ancora più indietro. È stata infatti scoperta la galassia finora più antica, nata subito a ridosso del Big Bang, l’origine dell’Universo. Grazie ai dati forniti dal telescopio spaziale James Webb Space Telescopy (Jwsst), un team internazionale che coinvolge la Scuola Normale Superiore di Pisa, l’Università dell’Arizona, l’Università di Cambridge, Harvard & Smithsonian University e altri 20 istituti e Università internazionali, ha misurato con precisione la distanza tra noi e questo agglomerato di stelle, il più lontano finora conosciuto, a oltre 13.4 miliardi di anni luce.
Non solo: l’esperimento dimostra che quando l’Universo aveva ‘solo’ 300 milioni di anni di vita, il 2% della sua età attuale, esistevano sistemi di stelle del tutto sviluppati, molto più velocemente di quanto previsto dai modelli. Una scoperta che si contrappone alle previsioni dell’ultimo decennio, che ritenevano grandezza, luminosità e ricchezza di stelle nelle galassie possibili solo in fasi successive.
Lo studio, pubblicato sulla piattaforma di studi di fisica e astronomia ArXiv e a cui ha collaborato la Nasa, è guidato dal ricercatore Stefano Carniani del gruppo di Cosmologia e Astrofisica della Scuola Normale di Pisa, e ha visto partecipare anche la dottoranda Eleonora Parlanti e l’assegnista di ricerca Giacomo Venturi.
La galassia, ‘battezzata’ JADES-GS-z14-0 (il programma di ricerca si chiama infatti Jwst Advanced Deep Extragalactic Survey) era presente nella fase di vita dell’Universo denominata dagli astrofisici ‘alba cosmica’, caratterizzata dalla formazione dei primi sistemi di stelle e conseguente generazione dei primi fotoni, gas e buchi neri. E a quest’altezza temporale le proprietà intrinseche della galassia sono sorprendenti. Ad esempio, JADES-GS-z14-0 è molto luminosa e ha già formato circa un miliardo di stelle simili al nostro Sole. Finora simulazioni teoriche ipotizzavano che l’alba cosmica fosse popolata solo da galassie piccole e poco luminose.
“Le immagini ottenute con il telescopio Webb ci mostrano una istantanea dell’Universo miliardi di anni fa – spiega Carniani -. Come il rombo del tuono arriva al nostro orecchio con alcuni secondi di ritardo rispetto a quando osserviamo la scarica del fulmine, lo stesso accade con la luce proveniente da galassie lontane, che ci restituisce un’immagine del passato. In questa ottica, JADES-GS-z14-0 rappresenta la prova tangibile che nell’Universo primordiale esistevano galassie luminose già pienamente sviluppate. Un fatto straordinario, e allo stesso tempo misterioso, pensare che raggruppamenti di stelle così grandi fossero già presenti appena 300 milioni di anni dopo il Big Bang”.
A livello comparativo l’analisi dei dati – ottenuti grazie allo spettrografo NIRSpec a bordo del Webb – ha rivelato che, pur avendo una dimensione oltre 10 volte più piccola di quella della nostra galassia, la Via Lattea, JADES-GS-z14-0 sta formando nuove stelle ad un tasso 20 volte superiore. Inoltre la luce emessa non è dovuta ad un buco nero massiccio in crescita come alcuni modelli teorici ipotizzavano, ma ai fotoni che provengono dalle nuove stelle, che si stanno formando ogni anno.
“I nuovi dati acquisiti tramite Webb – conclude Carniani – continuano a confermare che l’Universo primordiale era già ben sviluppato con formazioni di stelle simili a quelle più recenti. Il passo ulteriore è di spingerci ancora oltre, andando ad osservare l’Universo nelle fasi ancora più vicine al Big Bang. Nel frattempo dovremmo iniziare a lavorare allo sviluppo di nuove teorie che riescano a spiegare la formazione e l’evoluzione di questi sistemi all’alba del cosmo”.
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