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Klaus Mäkelä non convince la critica statunitense

today4 Giugno 2024 29

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Dunque, quando io ho cominciato ad assistere a concerti sinfonici oltre sessant’anni fa, in tutte le cosiddette “Big Five” orchestre americane (New York, Chicago, Boston, Filadelphia, Cleveland) messe insieme non c’erano più di dieci musiciste donne, arpiste comprese. Adesso, nella Filarmonica di New York le donne hanno superato il cinquanta per cento del personale, e le cifre non sono molto diverse altrove. Similmente, appena vent’anni fa vedere una donna sul podio di una grande orchestra o di uno dei principali teatri lirici era una rarità, mentre oggi succede regolarmente. Non dubito che entro pochi anni ci saranno direttrici stabili su alcuni dei podii più ambiti, sia in America sia in Europa.

Terza lamentela: “Ci vuole almeno qualcuno con molta esperienza alle spalle.” Da una parte, è vero che alcune tra le migliori interpretazioni orchestrali che io abbia mai sentito sono state dirette da maestri ultrasessantenni, ultrasettantenni e ultraottantenni. Convivere per decenni con le grandi opere musicali può e dovrebbe far approfondire la comprensione e le capacità interpretative di un musicista serio. Ed è altrettanto vero che finora l’orchestra di Chicago, in particolare, ha da molti decenni scelto direttori maturi a guidare le sue fortune. Fritz Reiner, per esempio, aveva sessantacinque anni all’inizio (1953) del suo storico “regno” con il complesso, Georg Solti cinquantasette (1969), e lo stesso Muti sessantanove (2010).

Eppure…. Gustav Mahler divenne direttore dell’Opera di corte (l’odierna Opera di stato) viennese a trentasette anni. A ventiquattro anni Bruno Walter era già uno dei tre direttori principali dell’Opera di corte a Berlino. Arturo Toscanini a ventotto anni assunse la direzione del Regio di Torino e a trentuno quella della Scala. Wilhelm Furtwängler a trentasei anni era direttore dei Berliner Philharmoniker. E tra i maestri della mia generazione, Muti era a capo del Maggio fiorentino a ventisei anni e della Philharmonia di Londra a trentadue, James Levine divenne direttore principale del Metropolitan newyorkese a ventotto anni, e via dicendo.

In quanto all’impegno simultaneo con due grandi complessi musicali, torniamo ancora una volta alla storia. Furtwängler per qualche anno fu direttore principale sia dei Berliner sia dell’orchestra della Gewandhaus di Lipsia, e più avanti fu a capo contemporaneamente della Filarmonica e anche dell’Opera di stato di Berlino. Toscanini, nella seconda metà degli anni ’20, spesso passava metà stagione alla Scala e l’altra metà con la Filarmonica di New York. Negli anni ’50 e ’60 Herbert von Karajan era contemporaneamente direttore dei Berliner Philharmoniker e dell’Opera di stato viennese. E Muti, nella seconda metà degli anni ’80 e i primi anni ’90 era direttore musicale sia della Scala sia dell’orchestra di Filadelfia. Che io sappia, nessuno di questi maestri ha dato meno del massimo di sé in uno o l’altro dei suoi posti di lavoro.

Si dice inoltre che Mäkelä si muova e gesticoli troppo quando dirige, e confesso che trovo i direttori “spettacolari” ridicoli. Eppure… Georg Solti mi raccontò che quando, da giovane, fece visita a Richard Strauss, allora ottantacinquenne, i cui gesti minimalissimi sul podio erano leggendari, il vecchio maestro gli chiese: “Perché si sbraccia tanto quando dirige?” Al quale Pauline, la moglie del compositore-direttore, intervenne: “Richard, sai perfettamente che quando eri giovane gesticolavi terribilmente. Il medico ti disse addirittura che avresti potuto danneggiare il tuo cuore.” Strauss fece una risata e ammise che era vero!



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Scritto da: redazione

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