Viaggio alla scoperta di temi e stili di American Horror Story: Delicate
In un tripudio di esibizione della fisicità e del corpo femminile, di tutti i topos letterari sulle streghe e sugli adoratori di Satana, American Horror Story: Delicate mette al centro della scena, inaspettatamente perché la seconda arriva tardi, due donne.
Fra manipolazioni mentali, sacrifici e minacce – il mito dell’eterna giovinezza, della bellezza che non sfiorisce mai e della vita eterna si scontra con la scelta di un’interprete, Kim Kardashian, che rappresenta il simbolo stesso dell’ossessione per la chirurgia estetica. Tanto che, spiace ma è la verità, non riesce neanche più a cambiare espressione. Chissà se si sarà resa conto del motivo per cui è stata arruolata nel cast. E chissà se chi ha gridato allo scandalo per l’eccessiva centralità della donna ha mai visto le 11 stagioni precedenti e ha colto il messaggio di questa: l’eterna, ingiusta scelta delle donne fra carriera e maternità.
In ogni caso, anche lei contribuisce a suo modo alla riuscita di un’altra stagione ricca di sorprese, qualità, sottotesti e citazioni.
La trama di American Horror Story: Delicate
L’attrice emergente Anna Victoria Alcott (Emma Roberts), con la sua prima gravidanza vede crescere anche gli incubi, le allucinazioni e i terrori notturni insieme alla pancia.
In una competizione senza possibilità contro il fantasma emotivo dell’amatissima prima moglie, Anna affronta le sue paure insieme al marito Dexter (Matt Czuchry), mentre combatte contro il ricordo di Adeline (Annabelle Dexter-Jones) – Dexter è vedovo – e contro le ancor più giovani e talentuose attrici che le contendono i premi più ambiti, a cui è candidata per il film horror che ha interpretato.
Delicate: donna, madre, strega, mostro.
Nello show business, nessuno fa la cosa giusta.
Parola di Kim Kardashian, alla sua attesa prova come attrice in un horror, pronta a terrorizzarci. Non tanto per il ruolo quanto per la sua interpretazione. Non che sia il suo primo giro di giostra, anzi. Oltre al reality sulla sua famiglia, che l’ha lanciata nel firmamento di Hollywood, e alle prime pagine della cronaca per i suoi interventi estetici e il matrimonio fallito con Kanye West, Kim Kardashian aveva già calcato un set. Ma questa è senza dubbio la prima volta che, parafrasando, si può dire che interpreti se stessa nei panni di un personaggio con un altro nome, Siobhan Corbyn, e un’altra storia.
L’agente spietata delle star di Hollywood, regina del marketing, trasforma qualsiasi cosa in un’occasione di pubblicità per i suoi clienti. Buona o cattiva? Non importa. Come si dice: basta che se ne parli.
Ed è piuttosto inquietante, in questa veste. Perché fa pensare in qualche occasione di condividere – avendolo dimostrato coi fatti – la filosofia del suo personaggio.
Aggiungiamo un numero crescente di sequenze-allucinazioni della protagonista man mano che la narrazione avanza e il grado di inquietudine è presto spiegato.
Si parte lentamente, con qualche accenno e riferimento in stile Rosemary’s Baby (e arriverà anche una grossa sorpresa a riguardo) – il richiamo al film di Roman Polanski con Mia Farrow e John Cassavetes che nel 1968 sconvolse le platee è palese – ma non c’è solo la paura legata alla gravidanza, il rimando alla tradizione narrativa sull’Anticristo e le sette che aspettano il figlio del Diavolo. No. Qui siamo immersi in tutti i lati negativi della fama. Gli stalker, l’odio sui social, le minacce, i messaggi continui, i pedinamenti… Anna Alcott – una straordinaria Emma Roberts, habitué della serie antologici di Ryan Murphy e Brad Falchuk – vive il successo parallelamente all’incubo che comporta. Di solito, ça va sans dire, in particolare per una giovane e bellissima donna.
Un doppio registro
L’incubo su due livelli comporta che il marito di Anna, Dexter (il Matt Czuchry di The Good Wife e The Resident), la consideri doppiamente instabile. Le sta vicino fisicamente e a parole, ma il continuo paragone non detto con la sua prima moglie, la perfetta e compianta Adeline (Annabelle Dexter-Jones, impegnata in un doppio personaggio) prematuramente morta e amata da tutti, rischi di far impazzire davvero la povera Anna.
Come sempre, il sottotesto di American Horror Story ci offre un fitto panorama di temi classici e attualità, dai timori delle puerpere al ruolo dei padri e dei mariti che vivono la gravidanza in mille modi diversi.
Tutto in Delicate è freddo, algido, con una predominanza di colori scuri e di toni che si contrappongono con forza al rosso del sangue. Con un uso del colore e composizioni dell’inquadratura che richiamano il Suspiria di Argento e con un simbolismo quasi gridato. Lo spettatore è chiamato a cogliere ogni dettaglio, sottolineato dalla lentezza dei movimenti di macchina o dall’indugiare sulle inquadrature, contrapposto al movimento fluido che accompagna ogni scena “normale”. La colonna sonora non delude e come sempre, ancora una volta con un richiamo al classico di Polanski, fa il suo dovere aumentando il senso di smarrimento di Anna, ma anche il nostro.
Fra presente e passato – un passato molto remoto, visto che arriviamo addirittura al 42 A.C., la stagione 12 di American Horror Story è un parto, in molti sensi. La divisione in due tronconi ci ha portati a dover aspettare mesi per assistere alla conclusione, resa disponibile in Italia da Disney+ con oltre due mesi di ritardo rispetto agli USA. Ma la struttura narrativa in sé ha costruito tutto con lentezza, un passo dopo l’altro, come la pancia di Anna che cresce lentamente mentre la paranoia le si cuce addosso in un trionfo di topos letterari, dal gemello cattivo alla setta satanica infiltrata negli alti ranghi della società, Delicate non ci lascia scampo così come una sola scelta sbagliata non lascia scampo a ciascuno dei personaggi. Una sola. Un solo errore, le cui conseguenze si ripercuoteranno su tutte le loro vite.
Cara Delevingne, che compare a più riprese in situazioni – diciamo così per evitare spoiler – molto differenti, ottiene un risultato nettamente superiore alle sue precedenti performance.
E quel messaggio incredibilmente attuale che costringe le donne a scegliere – sacrificare i figli per la carriera, qui letteralmente – arriva forte e chiaro in un finale di stagione che non lascia spazio ai dubbi.
Ancora una volta, Murphy e Falchuk colgono nel segno e ci parlano del mondo di oggi attraverso una coscienza enciclopedica del cinema di genere.
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