Presunto innocente: il confronto fra il film e la serie TV
Farlo senza inserire alcuno spoiler sulla trama non sarà facile, ma possiamo riuscirci (ce l’abbiamo fatta anche nella nostra recensione, per la cronaca…). Leggete quindi senza paura, sia che abbiate visto il film e non la serie, sia nel caso inverso.
Partiamo dal principio. Se c’è qualcuno che è indiscutibilmente il migliore in fatto di legal drama, quello è David E. Kelley.
L’avvocato che ha creato alcuni dei legal drama che hanno fatto la storia (L.A. Law – Avvocati a Los Angeles Ally McBeal, The Practice, Boston Legal, Big Little Lies…). Sposato con Michelle Pfeiffer, David Edward Kelley è fra le mente più brillanti nella storia delle serie TV.
Ed è lui, Kelley, a firmare Presunto innocente, la serie di AppleTV+ ispirata al romanzo bestseller di Scott Turow.
Dal celebre bestseller era già stato tratto un film, altrettanto conosciuto e decisamente più fedele alla trama e ai personaggi, firmato nel 1990 dal grande, compianto Alan J. Pakula e interpretato da Harrison Ford, Bonnie Bedelia, Greta Scacchi e un altro nome che manca molto: Raul Julia.
Julia era stato scelto per il delicato e fondamentale ruolo di Sandy Stern, il celebre penalistache salva il protagonista Rusty Sabich (Ford)dall’accusa di omicidio.
L’avvocato era infatti accusato di aver ucciso in modo atroce la sua collega in procura, nonché amante, Carolyn Polhemus (Scacchi). La scioccante rivelazione finale sul vero colpevole dell’omicidio ha fatto storia, sia nel romanzo che nel film.
Il problema è proprio questo: tutti, o quasi, conoscono la storia di Presunto innocente. E cambiare le carte in tavola tanto quanto ha fatto Kelley con questa serie TV non mi pare abbia avuto, in fondo, molto senso.
Perché proprio Presunto innocente?
Mi spiego meglio. Capisco la necessità di riconoscere l’ispirazione per la trama. Ma in sceneggiatura, quando ci sono problemi di diritti – che vanno comunque pagati – basta anche solo segnalare la fonte d’ispirazione (il famoso “liberamente ispirato a” che tante volte avete letto nei titoli di testa) , ma sarebbe bastato cambiare titolo e segnalare l’ispirazione, assegnare altri nomi ai personaggi e voilà. Nessuno avrebbe avuto nulla da ridire.
Così, invece, il confronto è impietoso.
Non dico che si dovesse uscire dall’ambito legale, perché il ruolo di Sabich di viceprocuratore, ottimamente interpretato in TV da Jake Gyllenhall, era fondamentale per tutta la parte processuale.
Ma ripeto: bastava cambiare nomi e titoli. Prendendo infatti per buona la medesima fonte di partenza, le 600 e rotte pagine di Turow con la storia di Rusty Sabich, non può che portare a una conclusione.
Il film è nettamente superiore per impatto emotivo, colpi di scena, atmosfera.
La serie funziona, non sto dicendo che non lo faccia, ma è talmente distante dalle atmosfere del romanzo che non si capisce perché non spostare l’ambientazione. Un’altra città. Altri nomi. Un’altra peculiare caratteristica dell’omicidio.
Non sarebbe stato plagio, segnalando la libera ispirazione. Ma, al tempo stesso, non avrebbe nemmeno attirato gli spettatori come ha fatto chiamandosi “presunto innocente”.
Siamo arrivati al punto: l’unico valido motivo per mantenere il titolo, stravolgendo molte parti della trama, è l’attrattiva che la fama di questa storia ha esercitato sul pubblico.
Visto che bisogna pagare i diritti, autori e produzione hanno pensato bene di giocarsi il jolly.
Legittimo. Ma fallimentare.
Il confronto tra film e serie TV
Spiegate le ragioni del mantenimento di titolo e nomi, eccoci al dunque. Ribadisco: nessuno spoiler.
Il discorso è molto lungo, quindi procederemo per punti:
Carolyn Polhemus
Una delle principali polemiche scaturite dall’arrivo della serie su AppleTV+ è nata dal confronto fra le due interpreti del personaggio di Carolyn, la vittima di omicidio.
Nel film, la sensuale e bellissima, spregiudicata e arrivista avvocatessa ha l’attrice Greta Scacchi che la rende una donna in carriera pronta a tutto pur di arrivare dove vuole.
Nella serie la pur bella e affascinante Renate Reinsve (La persona peggiore del mondo) fa di Carolyn una donna appassionata, con un passato – una famiglia – alle spalle e un atteggiamento decisamente più umano, passionale, quotidiano. Tanto da ridurre al minimo trucco e parrucco per apparire più “normale” agli occhi di tutti.
Per me funzionano entrambe, l’algida Carolyn e quella ammantata di normalità. Perché non è il personaggio di Carolyn a trasformare la serie nell’adattamento peggiore, se confrontata con il film.
Sandy Stern e il processo
Il personaggio di Sandy Stern è centrale nel romanzo. Un celebre penalista con un rapporto difficile con Rusty: non gli crede, ma fa del suo meglio per farlo assolvere.
Nel film come dicevamo lo interpreta Raul Julia, nella serie viene appena citato in un episodio. E a difendere Rusty c’è il suo ex capo – nonché migliore amico – il precedente procuratore della città.
Per quanto il grande Bill Camp (12 anni schiavo, Il sacrificio del cervo sacro) sia perfetto nel ruolo di Raymond Horgan e aggiunga spessore al personaggio, con la sua storia clinica, coniugale e personale, il problema è il suo rapporto con Rusty. Interessante il tormento etico e morale vissuto da Horgan per la consapevolezza di poter mandare in prigione il suo braccio destro, ma senza quel contrasto che emergeva nel film (e nel romanzo) fra Sandy e Rusty, fra l’avvocato difensore e il suo assistito, si perde mordente.
Tutto diventa più banale, psicologicamente inscatolato, ridotto ai minimi termini.
Il processo è il cuore stesso di questa storia. Prima ancora di conoscere la verità, vogliamo sapere se Rusty verrà condannato o no. Togliendo Sandy Stern si toglie metà del cuore al processo.
Il bicchiere e l’arma del delitto
Il famigerato bicchiere che nel film crea una tensione enorme, e che sottolinea la complicità dell’investigatore dello studio, il detective Dan Lipranzer (Premio Emmy per The West King) con Rusty, viene eliminato dalla scacchiera. Ancora una volta, si smorza la tensione in quello che è di fatto un thriller.
Il bicchiere provava la presenza di Rusty in casa di Carolyn la sera dell’omicidio. Nella serie si è scelto di darla per certa, eliminando una fondamentale componente di dubbio da parte dello spettatore nei confronti del protagonista.
Lo spietato squalo della procura interpretato da Harrison Ford ci tiene in sospeso fino alla fine. A prescindere che venga condannato o assolto, il suo comportamento è equivoco e noi sospettiamo di lui. Lo crediamo capace di fare a Carolyn ciò che le è stato fatto.
Di nuovo, si tratta di un elemento cruciale nella narrazione di Turow, che vuole farci vivere nell’incertezza fino alla fine e che l’accorata interpretazione di Gyllenhaal in TV cancella. È molto difficile credere che sia stato lui a uccidere Carolyn, cosa che tradisce lo spirito del romanzo di Turow.
Inoltre, in TV si punta molto sull’arma del delitto, ma in un modo che alla fine risulta debole dal punto di vista motivazionale.
Barbara Sabich & famiglia
Infine, ci sono le famiglie. Bonnie Bedelia (l’indimenticabile signora McClane di Trappola di cristallo) interpreta la moglie tradita di Sabich, Barbara, che si prende cura dei bambini (i figli della coppia sono ragazzini) e finge normalità mentre le notizie sulla relazione fra suo marito e la bella Polhemus le spezzano il cuore. Barbara ostenta dignità, come se fosse imperturbabile e dovesse mostrare al mondo che la questione quasi non la riguarda.
La Barbara di Ruth Negga (candidata agli Oscar per Loving – L’amore deve nascere libero) è invece intensa, tormentata, distrutta dal dolore ed esposta alla pubblica curiosità, soffrendone. Rischia di perdere il lavoro per via del processo, cerca ogni strada per resistere – inclusa la stessa di Rusty – non accetta di dover passare sopra di nuovo alle bugie del marito. Ruth Negga è bravissima. Barbara è uno dei personaggi più riusciti dell’intera serie. La scelta di dare a lei e Rusty due figli ormai grandi funziona esclusivamente per la pista narrativa scelta da Kelley. Il che, vien da sé, vanifica l’ottimo lavoro della Negga che, per chi conosce già la storia, non è mai sospettata di mentire. Di nuovo, si tradisce l’intento letterario originale.
In conclusione, il film di Pakula è superiore per tensione, atmosfere, dinamiche relazionali, colpi di scena.
La serie di Apple ci regala ottime interpretazioni, interessanti approfondimenti che però deviano dalla strada maestra che ha fatto di Presunto innocente, con il romanzo e il film campione d’incassi (oltre 221 milioni di dollari ai botteghini contro i 20 investiti per la realizzazione) il cult che tutti conosciamo.
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