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Ambiente

Prandini: «Contro la siccità servono 12 miliardi in 4 anni»

today8 Agosto 2024 16

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La siccità sta già costando all’agricoltura italiana 5 miliardi di euro. Sommati ai 6 miliardi della mancanza di piogge del 2022, e ai 6,5 miliardi di danni causati dalle alluvioni l’anno scorso, il cambiamento climatico è un costo che il nostro Paese non può più permettersi di pagare. «È urgente investire nelle infrastrutture idriche», dice il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini. Quanto? Il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ha recentemente annunciato la disponibilità di 12 miliardi di risorse per i bacini di accumulo, «ma un miliardo di euro all’anno non basta – sostiene Prandini – queste infrastrutture vanno fatte in quattro anni».

Fare presto, dunque. Ma nemmeno fare da soli: «In tutto questo siamo concentrati a lavorare come Paese Italia – dice Prandini – ma il cambiamento climatico è un problema condiviso e servirebbe una regia a livello europeo». Sulla siccità, propone il presidente della Coldiretti, ci vorrebbe uno stanziamento di risorse da parte di Bruxelles: «Un Repower Ue, ma dedicato alle sfide climatiche».

Insieme all’Anbi, l’associazione dei consorzi di bonifica, sei anni fa avete presentato un piano per la realizzazione di 10mila invasi entro il 2030, per portare la quantità di acqua piovana recuperata dall’Italia dall’attuale 11% al 30%. Che ne è stato di quel piano?

Del piano se ne discute, ma di progetti esecutivi non ce ne sono. E questo nonostante ci siano bacini in cui i lavori potrebbero essere iniziati già domani, perché le autorizzazioni ci sono tutte. Qualche singolo consorzio di bonifica si è messo a investire soldi in proprio, ma un piano infrastrutturale di questa portata non può essere demandato ai singoli consorzi. Il nostro Paese deve uscire dalla retorica del ragionare solo per emergenze. Dobbiamo tornare a pianificare il tema degli investimenti infrastrutturali, e quello che serve oggi è un piano di investimenti straordinario. Per quanto riguarda gli invasi, bisognerebbe partire con i grandi bacini di accumulo, che hanno il vantaggio di servire anche per la produzione di energia idroelettrica e l’installazione di pannelli fotovoltaici galleggianti. La Francia trattiene il 37% dell’acqua piovana che cade sul Paese, la Spagna il 28%. Noi solo l’11%: sprecare tutta quest’acqua, per chi come noi punta sui mercati internazionali, è un lusso che non ci possiamo più permettere. In Francia poi non c’è dispersione delle condotte, mentre in Italia la media è del 45%, con punte dell’80%. È vergognoso che ci siano punte di dispersione di queste dimensioni, mentre i gestori dell’acqua chiudono i bilanci d’esercizio con utili stratosferici: quei profitti andrebbero reinvestiti.

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Scritto da: redazione

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