Umberto Petitto, fondatore del gruppo Petitto di cui fa parte l’azienda vitivinicola Donnachiara, è scomparso nel giugno scorso lasciando alla provincia di Avellino un solido gruppo industriale e l’idea che c’è spazio per il successo anche nell’Italia del Sud. “Un professore di lettere che è diventato uno dei grandi industriali italiani e che ha avuto la capacità di reinventarsi nei diversi momenti della sua vita, che sta godendo delle sue attività industriali, ma anche di questa azienda condotta da sua figlia Ilaria”. Così lo ha descritto in passato Riccardo Cotarella, decano degli enologi italiani e presidente della loro associazione nazionale, che ha dato un contributo fondamentale al lancio della cantina guidata oggi da Ilaria Petitto, figlia di Umberto.
Quando se ne va una persona speciale
Proprio a Umberto, Cotarella aveva dedicato da tempo il Taurasi DOCG Riserva per Umberto, imbottigliato da un’unica barrique con questa dedica: “A Umberto, uomo di classe e imprenditore illuminato. Per me un amico caro”. In questo vino l’impronta del legno di quercia, come di consueto in Campania sull’Aglianico, è evidente. Ma il livello di tostatura è giusto per lo stile prescelto. Siamo di fronte a un vino che incontra molto bene il gusto internazionale, al di là delle proprie personali preferenze. Al naso e al retrogusto emergono l’oliva verde, il tabacco, la prugna rossa e lo iodio. I tannini, setosi ed eleganti, sono saldati a una materia terrosa tipicamente vulcanica. Il finale esprime tutta la potenza dell’affinamento in legno, ma non ne è sopraffatto. Un vino concepito per invecchiare bene. Senza difficoltà si può scegliere di berlo subito, da solo per meditare o in abbinamento con piatti importanti, oppure conservarlo per apprezzarne l’evoluzione.
I fili, l’elettricità e poi il vino
Cresciuto tra le poche opportunità che il contesto irpino poteva offrirgli, mentre il resto della sua famiglia volava in America a cercare fortuna, Petitto ha scelto di costruirsi la sua America nella sua terra. Grazie all’incontro fortunato con altri imprenditori visionari, Petitto avvia una brillante attività imprenditoriale nel campo del filo per saldare. Un progetto ambizioso che porterà fino alla scelta di diversificare, agli inizi del 2000, entrando nel mondo dei conduttori elettrici. Una scelta che, ancora una volta, anticipa i tempi: il gruppo Petitto ha cominciato a muovere i primi passi verso l’efficientamento energetico quando ancora non era una questione centrale per la gestione delle energie a livello globale. Con la scomparsa di Umberto, pertanto, l’Irpinia perde un pioniere dell’industria locale, nonché un riferimento del dibattito pubblico visto il suo impegno nella storica “Autonomia Irpina”, la corrente democristiana ispirata a Gerardo Bianco.
Affari di famiglia
Da tempo il testimone del gruppo – formato da tre aziende: Elbor S.p.a., CTP S.r.l. e, dal 2005, l’azienda vitivinicola Donnachiara – è stato raccolto dai figli: Katia, Ilaria e Angelo. In particolare Ilaria – che abbiamo incontrato in occasione dell’evento Campania Stories del maggio scorso – è da anni l’anima di Donnachiara, una cantina a Montefalcione dedicata – per tradizione, per territorio e per scelta della famiglia – alla produzione delle tre Docg irpine: Fiano di Avellino, Taurasi e Greco di Tufo, oltre che dei tradizionali Aglianico e Falanghina. Se i vigneti sono di antica proprietà, la moderna cantina sorge soltanto nel 2005. La conduzione dell’azienda è declinata al femminile, con Ilaria che sceglie di archiviare i suoi studi di diritto per dedicarsi allo sviluppo delle uve e dei vini del territorio, contando sempre sul supporto della madre Chiara.
La nipote e l’eredità della nonna centenaria
Chiara è la nipote di Donna Chiara Mazzarelli Petitto, la nobildonna che ben oltre un secolo fa aveva saputo condurre con grande capacità l’attività agricola di famiglia dando particolare sostegno e valore proprio alla viticoltura e alla quale oggi è stata dedicata l’azienda. Chiara Mazzarelli era nata nel 1883 da una famiglia nobile originaria di Maiori in Costiera Amalfitana e sposò il medico chirurgo Antonio Petitto di Avellino. La famiglia Petitto era stata insignita del titolo nobiliare di Marchesi direttamente dal Re di Napoli alla fine del 700. I possedimenti della famiglia spaziavano tra Montefusco, Montemiletto, Venticano e Torre le Nocelle, tutti paesi della provincia di Avellino.
Grande storia e grande gioventù
Nonostante queste premesse storiche importanti, Donnachiara è un’azienda giovane e brillante che non soffre di eredità polverose. Ilaria Petitto è una manager determinata e combattiva che tiene alta la reputazione delle denominazioni irpine nel mondo. Sua la scelta di affidarsi a Riccardo Cotarella, che dimostra la voglia di migliorare e crescere. “Il nostro vigneto è quasi un corpo unico e si trova a 450 metri, in località Pietracupa: qui facciamo potature molto tardive per evitare le gelate primaverili. La prima parte ha terreni più ricchi di roccia che conferisce ai vini mineralità; la parte più bassa è invece argillosa e dona grassezza, potenza e intensità. I vini di questa zona sono caratterizzati da profumi di biancospino, cenni balsamici e di erbe officinali e hanno notevole freschezza e sapidità”, spiega l’enologo Alessio Gaiaschi, allievo di Cotarella, incaricato del lavoro quotidiano in cantina. Che aggiunge: “Questo è un luogo ideale per fare il vino. Le uve esprimono delle acidità di tutto rispetto, soprattutto nel caso del Greco. I bianchi si esprimono meglio l’anno dopo perché il parietale ha bisogno di un po’ per emergere pienamente”.
Un pezzo di Campania che sembra l’Alto Adige
L’Irpinia è una terra di montagna con un clima praticamente continentale. I vigneti di Donnachiara giacciono su terreni scoscesi in una zona battuta dai venti che arrivano dal mar Tirreno (Salerno) e dalla Puglia (Foggia). “È come se fossimo in Alto Adige”, scherza Gaiaschi. È il motivo per cui si parla dell’Irpinia come ‘Piccolo Tibet’. Tra tutti gli assaggi spicca certamente l’Esoterico 2023, un Fiano in purezza dal colore giallo paglierino carico con sfumature verdoline, al naso esprime un bouquet delicato e complesso, in cui i sentori di nocciola, frutta secca, fiori di acacia, magnolia e biancospino si fondono alle note di frutta tropicale, erbe balsamiche ed eucalipto. In bocca è acido, grasso, lungo e disteso. Da segnalare anche un Fiano del 2009 spettacolare con note balsamiche, esotiche e tostate, vino in ottimo equilibrio. A nostro avviso, però, il pezzo forte dell’azienda emerge nella batteria dei Greco di Tufo. La 2023 è molto compatta e fresca e sa di pompelmo. La riserva del 2022 è più morbida e fine, con note affumicate e di agrume. Forse il top lo raggiunge il Greco 2013 molto austero e segnato dall’agrume candito. In conclusione, Donnachiara è certamente un’ottima ambasciatrice delle denominazioni d’Irpinia, a conferma di una speciale vocazione bianchista che garantirà nel tempo il successo del territorio.
Post comments (0)