Un action thriller sorprendentemente ben fatto con un ottimo cast
Dal 6 settembre su Netflix è disponibile in prima visione Rebel Ridge, il film d’azione e tensione in cui Aaron Pierre lotta contro un sistema corrotto in una cittadina in cui il luogo chiamato appunto Rebel Ridge viene usato abitulamente come punto d’incontro per la resa dei conti.
La trama di Rebel Ridge
Terry Richmond (Aaron Pierre, La ferrovia sotterranea e Malcolm X in Genius) viene fermato dalla polizia locale nel territorio di Shelby Springs mentre si reca in tribunale per pagare una cauzione in contanti. Dopo un trattamento scaturito da un evidente abuso di potere, gli agenti lo lasciano andare ma gli sequestrano il denaro, secondo loro di dubbia provenienza. Da quel momento, Terry ingaggia una corsa contro il tempo per portare a termine il suo scopo, pagare la cauzione, mentre si confronta con il capo della polizia Sandy Bunne (Don Johnson, Cena con delitto, Django Unchained) e scopre nell’impiegata del tribunale Summer McBride (AnnaSophia Robb, Un ponte per Terabithia, Dr. Death), che lavora per il giudice locale (il grande James Cromwell, La figlia del generale, Succession) un’inattesa alleata. Per fermare corruzione e abusi di potere, Terry e Summer si troveranno a rischiare il tutto per tutto.
Una storia ad alta tensione, che incolla allo schermo
Un cittadino comune – nero, per di più – contro la polizia.
Sembra la storia di una comune persecuzione, ingiustizia o abuso nell’America di oggi. Ma è qualcosa di molto più complesso e profondo.
Siamo in una cittadina sperduta, Shelby Springs, in cui il capo della polizia ha un potere equivalente a quello di Dio. Per più di mezz’ora, lo scontro impari fra il cittadino e la polizia ci tiene sulle spine. Sappiamo di essere di fronte a un’ingiustizia causata dal pregiudizio, all’inizio. Sappiamo che il cittadino, Terry Richmond, sta lottando contro il tempo per salvare una vita. Ma non sappiamo ancora chi è questo Richmond.
Quando lo scopriamo, Rebel Ridge entra nel vivo dell’azione. In un evidente parallelismo con le storie (letterarie, cinematografiche e televisive) di Jack Reacher, ma con casi e implicazioni molto diverse, il film ci guida attraverso un mondo in cui la giustizia non è di casa. Ma ha estremo bisogno che venga ripristinata.
Ciò che ci aspettiamo, narrato nel modo migliore
Intendiamoci: non siamo di fronte a una storia originale. Tutto è in qualche modo famigliare, più che già visto, proprio per la qualità della messa in scena e del ritmo narrativo.
Più o meno sappiamo cosa aspettarci, eppure siamo talmente coinvolti dallo stile perfetto e dalla bravura del cast da restare incollati allo schermo. Dall’inizio alla fine – e per un film che dura oltre due ore non è un’impresa facile.
In un impietoso confronto fra veterani e poliziotti di provincia, con i primi che rispettano onorevolmente gli accordi diversamente dai secondi, che pensano di poter fare tutto grazie a una divisa, Rebel Ridge continua a tenerci sulle spine mentre si trasforma in una caccia all’uomo. Al nostro uomo, naturalmente. Come Jack Reacher, Richmond nasconde le sue abilità. Ma capiamo fin dal principio, dal suo atteggiamento, dai suoi modi e dalle persone che stanno dalla sua parte, che non è una persona qualsiasi. Nemmeno dall’altra parte, però, le cose sono così chiare. Questo non è Cop Land – il filmone sulla corruzione della polizia con De Niro, Keitel, Liotta e Stallone. Questo è Rebel Ridge e la situazione è molto più sottile, controllata, apparentemente “giustificabile”. Naturalmente, qualcuno – non sono Richmond – se ne accorge, ma toccherà a lui dimostrarlo.
In una sceneggiatura che segue rigorosamente il paradigma hollywoodiano classico (la struttura in 3 atti a cui ogni copione può essere ricondotta), l’eroe inizia il suo viaggio con una missione che si trasforma lungo il percorso, mentre incontra alleati e nemici fino allo scontro finale con l’ombra, l’antagonista principale, il sistema marcio.
Scritto e diretto da Jeremy Saulnier (True Detective, Green Room), il film mostra la perfetta aderenza della regia alle necessità del copione, seguendo quel climax di tensione e azione che la scrittura calibrata ha previsto per la parte finale.
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