(ANSA) – ROMA, 12 SET – L’eredità di Pino D’Angiò continua a
vivere. Il 13 settembre esce Funky Maestro (distribuito da
Artist First), ultimo progetto inedito dell’artista. Un EP che
raccoglie gli ultimi quattro brani da lui scritti e prodotti,
prima della scomparsa avvenuta lo scorso 6 luglio.
“L’Ep nasce nell’ultimo anno, anno e mezzo di attività: un
progetto che nelle intenzioni sarebbe dovuto uscire ben prima di
settembre. Ma poi dopo il primo singolo Paperina Qua Qua uscito
il 31 maggio, tutto si è fermato”, racconta Francesco, figlio di
Pino, al quale è affidato il compito di realizzare il lavoro
fortemente voluto dal padre. “Non abbiamo voluto annullare,
abbiamo sempre pensato che la pubblicazione fosse giusta: una
prosecuzione delle sue intenzioni. L’Ep vuole essere la
testimonianza e l’esempio virtuoso di quello che si può fare
anche in condizioni di difficoltà, come quelle in cui si trovava
lui, malato da tempo. Lavorare in studio era la sua medicina”.
Oltre a Paperina Qua Qua, il disco, al quale D’Angiò ha
lavorato con il giovane artista ticinese Kashmere, contiene tre
brani inediti: l’ironica C’è un’app, la ballata Volando
nell’anima (feat. di Bobby Soul, versione sperimentale/demo) e
Non diventare come loro, una sorta di testamento che cerca di
unire il funk con un testo più serio e che rappresenta un
ulteriore capitolo del viaggio di un artista – considerato il
padre del funk italiano e dell’italodisco – che ha lasciato
un’impronta profonda nella musica italiana, innovando con nuovi
generi e stili.
“I brani erano stati chiusi prima che ci
lasciasse e dunque non è stato fatto alcun tipo di intervento –
spiega ancora Francesco -. C’è tutta la sua ironia, il suo funk
e la sua visione del mondo”. Solo sul titolo è stata presa una
licenza artistica: “Non era stato deciso, ma Funky Maestro ci è
sembrato il modo per esprimere in maniera più completa quello
che Pino D’Angiò ha rappresentato”.
Nato nel 1952 e con un successo che valicò i confini italiani
negli anni Ottanta, firmando anche brani per artisti come Mina,
Pino D’Angiò è stato costretto per problemi di salute a rimanere
a lungo lontano dai palchi. Poi a febbraio di quest’anno, una
nuova ondata di popolarità lo ha travolto con la partecipazione
al festival di Sanremo, accanto ai BNKR44 nella serata dei
duetti con Ma che idea, rivisitazione del suo successo più
grande Ma quale idea. “Non potrei dire che si aspettava quel
successo, però conosceva bene il valore di quello che ha scritto
o composto. Del resto all’estero è sempre stato molto amato. In
Italia il successo è stato leggermente inferiore, forse anche
per il tipo di musica che si ascoltava. Ma per lui non è mai
stato un cruccio, non aveva tempo di rimuginare sul fatto che
invece di essere tra i primi 10, fosse tra i primi 30, anche
visti i risultati, tra cui un Rhythm & Soul Music Awards
ricevuto nel 2001 negli Stati Uniti. Riconoscimenti che in
Italia si sono visti meno”.
Ma Sanremo non è stata la spinta per questo Ep, né viceversa.
“Sono stati due filoni paralleli. Anche nei periodi più
difficili, lui non ha mai smesso di scrivere e comporre. Non ha
mai perso la voglia di sperimentare. Del resto il festival è
sempre stata una manifestazione molto lontana stilisticamente
dal percorso di papà: non a caso in 40 anni di carriera non era
mai andato”. Nella sua voglia di sperimentare, rientra anche
l’attenzione riservata ai giovani, che a loro volta hanno
dimostrato di apprezzarlo. “A stupirlo era il fatto che nei suoi
live vedeva sempre un pubblico tra i 18 e i 35 anni e si
chiedeva come mai fosse possibile che lui invecchiava e loro no.
Ma non aveva una risposta… La cosa più razionale da pensare
oltre all’idea del ruolo fondamentale dei giovani, la sua
capacità di sperimentare è il personaggio che interpretava: un
ironico playboy che viene sempre sconfitto. Non si prendeva mai
troppo sul serio e il lavoro per lui era un gioco”.
Francesco, da figlio, ha poi una sua visione personale del
padre: “Ha sempre voluto rimanere lontano dai riflettori, è
stato un antidivo, un innovatore oscuro. Dal funky al rap, dalla
disco alla trance: oggi il sound di papà è ovunque.
Inarrivabile. Da artista più che lasciare, direi che ha
aggiunto, aprendo una finestra nella grande casa musicale
Italia. Come genitore, invece, ha lasciato le indicazioni che
potrebbero portare a essere felici. Lui credo lo fosse, sapeva
godere di quello che faceva. Mi diceva sempre di allenarmi alla
felicità: gli esercizi li sto facendo”.
In cantiere, per onorare la memoria e l’eredità artistica di
Pino D’Angiò, “ci sono altre cose in cantiere: attività che lui
stava portando avanti e che noi cercheremo di completare.
Nessuna operazione commerciale fine a se stessa”. (ANSA).
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