Le loro bottiglie di vino costano in media il doppio di tutte le altre. Ma con il loro lavoro costituiscono un importante presidio contro lo spopolamento delle aree interne del Paese. E sono una vera calamita per l’enoturismo nazionale. È questo l’identikit dei vignaioli indipendenti d’Italia che emerge da uno studio di Nomisma Wine Monitor, l’osservatorio dedicato al mercato del vino. Quanti sono? Circa 1.700: una goccia, nel mare magnum delle 240mila aziende coltivatrici di uva presenti nel nostro Paese. Ciascuno di loro possiede in media poco più di 10 ettari di vigneto e produce 75 tonnellate di uva, per una media di 38mila bottiglie vendute ogni anno.
L’81% dei vigneti coltivati da questi produttori si trova in collina e in montagna, rispetto al 60% della media italiana. Zone dove l’uva da vino rappresenta una delle poche produzioni agricole ancora in grado di dare reddito a chi la coltiva. Il 30% dei lavoratori che vengono impiegati dai vignaioli indipendenti ha un contratto a tempo indeterminato, contro il 10% della media italiana in agricoltura. Il prezzo medio a bottiglia del vino venduto dai produttori che aderiscono alla Fivi – la Federazione italiana vignaioli indipendenti – è più che doppio rispetto alla media italiana, 7,7 euro contro 3,6. I piccoli produttori indipendenti sono particolarmente attenti al tema della sostenibilità. Stando all’indagine Nomisma, negli ultimi due anni il 71% delle aziende ha realizzato azioni finalizzate alla sostenibilità ambientale, dall’utilizzo di packaging sostenibile al contenimento dei consumi di acqua e delle emissioni, Inoltre, una impresa su due produce vini in modo biologico e un 20% è certificato sostenibile.
Molti dei clienti dei vignaioli indipendenti sono all’estero: il 71% di loro esporta e gli Stati Uniti rappresentano il principale mercato estero. Tra gli sbocchi più importanti per questi produttori c’è però soprattutto l’enoturismo: oltre l’80% delle aziende associate alla Fivi punta su visite guidate e degustazion, con i ricavi derivanti da questi servizi che incidono per il 23% sul fatturato complessivo, contro una media nazionale del 18%. E il 46% dei turisti che annualmente visitano queste aziende sono straniere.
«La resilienza dei vignaioli indipendenti non va data per scontata – spiega Lorenzo Cesconi, presidente Fivi – modelli di finanziamento della produzione, transizione ecologica e i passaggi generazionali sono sfide enormi. Alla politica, in Europa e in Italia, chiediamo semplificazione, snellimento burocratico, innovazione normativa a favore della micro e piccola impresa, e soprattutto una strategia chiara nella politica vitivinicola, che deve sempre di più essere orientata alla sostenibilità di produzione, alla qualità e non alla quantità, alla creazione di valore. Speriamo che ora, anche di fronte a questi numeri, aumenti l’attenzione nei confronti di questo fondamentale segmento della filiera vitivinicola italiana».
Post comments (0)