Jake La Furia si è raccontato nel corso di un’intervista a La Repubblica. Al secolo Francesco Vigorelli, è uno degli intoccabili del rap vecchia scuola che ha contribuito a fondare insieme ai Club Dogo. Ma oltre alla musica si è ritagliato vari ruoli: conduttore in radio, attore in un paio di film, produttore e diverse partecipazioni a vari programmi tv – l’ultimo X Factor, dove è tra i giudici. Qui si definisce un “mattatore”. Cerca infatti “di tenere alto il ritmo. Preferisco il ruolo dello spensierato, anche se sono emotivamente coinvolto, forse più degli altri”.
Ciò non vuol dire che non prenda la cosa sul serio. Però non sente la responsabilità verso i concorrenti: “No, perché sono carini e talentuosi ma non sono figli miei. Sono adulti, li ho scelti anche per affinità elettiva. Purtroppo tanti si perdono, è facile che accada specie se non hai le basi giuste. Io non mi sono mai lasciato affascinare dal successo. Facendo queste audition mi sono reso conto che quasi tutti non vogliono fare musica ma diventare famosi. È il preludio per avere un esercito di co*****i. Alcuni invece sono accesi dalla passione. Dipende qual è il fine”.
Qui ha anche bocciato un rapper per non compromettere la sua credibilità, uno dei punti chiave per chi fa questo tipo di musica. “Se vuoi fare il rapper non devi perdere la credibilità, c’è un integralismo fuori che ti fa rischiare di essere sottovalutato. Avrebbe dovuto fare un percorso che lo avrebbe reso un gioppino. Non ritengo che sia necessaria la gavetta, ma bisogna restare credibili anche con percorsi brevi”.
E lui come è messo in quanto a credibilità? “Sono fuori dall’età anagrafica dei rapper. Sono ancora qua, i colleghi mi danno credito, quindi ho mantenuto le mie promesse. Ho sempre cercato di fare cose che mi divertissero, mai di fare pezzi per lo stream, e credo si veda”. Agli esordi con i Club Dogo ha frequentato i centri sociali: “È stato formativo, all’epoca non c’era spazio per il rap. Mi resta tanto, anche se non finì bene perché avemmo successo e ci ricusarono”. Alcuni dei suoi pezzi esprimono ancora rabbia, un sentimento che arriva “dagli anni in cui sono stato in giro, io sono più bravo a raccontare quella cosa lì. Non mi viene di raccontare battesimi e comunioni”.
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