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La recensione di A Man on the Inside, la divertente e delicata comedy con Ted Danson

today24 Novembre 2024 9

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Una comedy delicata e commovente al tempo stesso

8 episodi da mezzo’ora che volano via. La prima stagione di A Man on the Inside su Netflix scorre senza intoppi, fra divertimento e commozione. In un perfetto mix agrodolce che incanta.

La comedy di Michael Schur (già creatore di serie comiche geniali come Brooklyn-Nine-Nine, Parks & Recreation e The Good Place) rimette in pista la coppia creativa con Ted Danson (The Good Place, Cin Cin, Becker), che firma anche da produttore. Con una chiusura che apre a un secondo ciclo di episodi, che speriamo vivamente di poter vedere.

La trama di A Man on the Inside

A Man on the Inside: la delicata comedy di Netflix con Ted Danson

San Francisco. L’ex professore di ingegneria Charles Nieuwendyk (Ted Danson) ora in pensione si è isolato dal resto del mondo dopo la morte dell’amatissima moglie. La donna, che soffriva di Alzheimer, ha lasciato un vuoto incolmabile nella vita. L’unica figlia della coppia, Emily (Mary Elizabeth Ellis, C’è sempre il sole a Philadelphia) vive a Sacramento con il marito e i tre figli adolescenti, che le danno parecchio da fare. Spera che il padre si trovi qualcosa da fare e lo prega d’inventarsi un hobby. Quando Charles vede l’annuncio con la ricerca di un assistente anziano per un’agenzia d’investigazioni, risponde. E la titolare, la detective privata Julie Kovalenko (Lilla Richcreek Estrada, Chicago Med), lo assume. Charles dovrà infiltrarsi nella casa di riposo Pacific View diretta da Didi (Stephanie Beatriz, l’impagabile detective Diaz di Brooklyn-Nine-Nine) per scoprire chi ha rubato una preziosa collana di una delle residenti.

Una commedia delicata e profonda

A Man on the Inside: la delicata comedy di Netflix con Ted Danson

Delicata, commovente e divertente al tempo stesso. Leggera ma mai superficiale: le tematiche affrontate sono importanti. A Man on the Inside è diversa dalle precedenti serie di Shur, che regala ai suoi fan tanti attori già visti nei suoi lavori precedenti. Stavolta, la tematica della morte già affrontata in The Good Place irrompe nella narrazione in modo completamente diverso.

La casa di riposo – nel settore dedicato alle persone ancora lucide e autosufficienti – è una sorta di ricreazione senza fine con tanto di happy hour. Persone sole o senza più una casa si ritrovano per fare amicizia e creare una comunità che diventa una famiglia a tutti gli effetti.

Per Charles, all’inizio il trasferimento al Pacific View – che nasconde alla figlia – è un’avventura. Un incarico avvincente, in cui farà “la spia” dopo una vita da docente universitario.

Ma col passare del tempo, stringere legami di amicizia con gli altri residenti e scoprire quanto Didi sia dedita al proprio lavoro cambierà la sua prospettiva.

La residenza Pacific View ha un reparto chiamato “il vicinato” in cui vanno a stare le persone malate, non più autosufficienti e affette da demenza o dal terribile morbo di Alzheimer. Un tema molto sentito negli Stati Uniti – e non solo – che offre agli autori l’occasione di raccontare uno spaccato di vita riguardante tantissime famiglie in tutto il mondo. Convivere con una persona che sembra svanire giorno dopo giorno è un’esperienza dolorosa nella quale molto di noi si sono imbattuti o sono destinati a imbattersi.

Il rapporto fra i genitori anziani e i figli che non hanno tempo per loro è al centro di tante storie relative ai nuovi amici di Charles, ai quali è impossibile non affezionarsi. Anche perché molti sono interpretati da grandi nomi. Veronica Cartwright (Alien) è la simpatica Beverly Banki, la “mangiauomini” della terza età Virginia è interpretata da Sally Sruthers (Arcibaldo, Una mamma per amica), John Getz (Blood Simple – sangue facile) è lo scontroso Elliott mentre il ruolo di Florence è di Margaret Avery, candidata all’Oscar per Il colore viole di Spielberg (interpretava la cantante Shug Avery).

Non è ciò che sembra

A Man on the Inside: la delicata comedy di Netflix con Ted Danson

A prima vista, A Man on the Inside sembra essere la risposta (senza omicidi e in cui il “building” è una casa di riposo) a Only Murders in the Building. L’approccio sembra proprio lo stesso. In realtà, con il passare degli episodi appare evidente come l’indagine di Charles non sia che una scusa per affrontare argomenti difficili come la solitudine degli anziani, la malattia, la morte che può arrivare in qualsiasi momento e le frequenti incomprensioni fra le vecchie e le nuove generazioni.

I tre figli di Emily, nipoti di Charles, non fanno che combinare guai spingendo i loro genitori a chiedersi dove stiano sbagliando… Per poi scoprire, tramite la voce di nonno Charles, che non stanno sbagliando nulla: devono semplicemente accettare il fatto che gli adolescenti combinano guai.

La vera amicizia, come quella che si verrà a creare fra Charles e uno dei residenti, Calbert Graham (Stephen McKinley Henderson, Barriere, Civil War), finirà per mettersi fra Charles e il suo incarico, così come l’incarico si metterà fra Charles e i suoi nuovi amici.

Ma nelle serie di Shur, si sa, anche quando si ha a che fare con la morte si finisce sempre con la speranza. Perché per fare del mondo un posto migliore, il “posto buono”, basta questo: sperare di arrivare al cuore degli spettatori, facendoli riconoscere in situazioni universali e spingendoli ad andare a trovare i loro anziani genitori…

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Scritto da: redazione

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