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La recensione di Adorazione, la serie italiana di Netflix

today28 Novembre 2024 3

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Scopriamo insieme tutto ciò che non va nella miniserie di Netflix

Adorazione, la miniserie italiana di Netflix, è arrivata in testa alla classifica delle serie più viste. Ma l’ha fatto con una sceneggiatura approssimativa, una regia a tratti imbarazzante e un approccio totalmente negativo per una serie che si rivolge esplicitamente ai giovanissimi.

La trama di Adorazione

Adorazione: la miniserie italiana infarcita di stereotipi e messaggi negativi

Sabaudia. Elena (Alice Lupparelli, un professore) scompare la sera del giorno in cui ha saputo di essere stata bocciata e della festa di compleanno della sua amica del cuore, Vanessa (Noemi Magagnini, Notte fantasma). Mentre tutti cercano Elena, qualcuno inizia a scrivere a Vanessa dall’account di Elena, ma Vanessa, il suo ragazzo Gianmarco (Luigi Bruno) e il ragazzo di Elena, Enrico (Tommaso Donadoni, Vivere non è un gioco da ragazzi) sanno che non può essere Elena: lei ha lasciato il suo telefono a casa, prima di scomparire…

Meno adorazione, più cautela

Adorazione: la miniserie italiana infarcita di stereotipi e messaggi negativi

Ci sarebbe voluta molto più cautela, con una serie interpretata da giovanissimi e rivolta ai giovanissimi. Invece, tutto viene “buttato lì”. Perfino le tematiche più delicate. La violenza, l’uso di droga, i rapporti non protetti, gli effetti delle separazioni sui figli, le foto spinte inviate via chat, le difficoltà di comunicazione fra genitori e adolescenti… Tutto buttato nel calderone, come se fossero solo sottotrame e non tematiche delicate.

Siamo di fronte a un gruppo di ragazzini che parlano troppo in fretta – per fortuna non per tutti gli episodi, perché all’inizio si fatica davvero a capire ciò che dicono – e che si comportano come se fossero sposati: tradimenti da tutte le parti, come se lasciarsi a 15 o 17 anni fosse impossibile. Come se fossimo di fronte a coppie destinate a stare insieme per sempre e pronte, quindi, a fare tutto di nascosto. Un’assurdità.

Con l’intento di depistarci, la regia di Stefano Mordini (Il testimone invisibile) s’inventa degli espedienti non a fuoco. La soggettiva della persona misteriosa che ha visto Elena per ultima serve a poco, visto che ci viene presto svelata la sua identità. E mentre la poliziotta Chiara (Barbara Chichiarelli, Favolacce, Suburra – una delle poche attrici professioniste presenti, e si vede) interroga gli amici di Elena, senza alcun senso loro guardano in macchina rivolgendosi direttamente a noi, con primi piani strettissimi e ficcati in mezzo al montaggio senza alcun senso, se non quello di suonare falsi. Ma non per ciò che dicono: proprio per come vengono ripresi. Lo fanno in quell’occasione, all’inizio, e lo fa un altro personaggio solo un’altra volta, sempre a vanvera, verso la fine.

Evidentemente si pensa, a torto, che il target di giovanissimi a cui ci si rivolge sia fatto da gente che non ha mai visto un film o una serie ben fatta in vita sua.

I dialoghi sono spesso insensati (Lui: “Come va?”, lei racconta una serie di tragedie e lui “Pensavo peggio”, ma non come battuta. Con tono serio), improvvisati, incoerenti. I flashback sono sempre gli stessi, a nastro. Di solito i flashback servono a mostrare lati inediti della storia o dei personaggi. Qui sono buttati lì, come tutto il resto.

Veronica Scopelliti, la celebre cantante Noemi, se la cava meglio di tanti suoi colleghi ben più esperti nella recitazione, sebbene in linea di massima gli adulti siano abbastanza bravi (ma Ilenia Pastorelli continua a essere quasi incomprensibile quando parla).

La direzione degli attori evidentemente non è il forte di questo regista. Come la regia, del resto.

La questione femminile

Adorazione: la miniserie italiana infarcita di stereotipi e messaggi negativi

In un Paese in cui ogni 72 ore una donna viene ammazzata da chi diceva di amarla, e con un’uscita a ridosso del 25 novembre, Adorazione – il cui titolo viene da una canzone, una delle tante della colonna sonora che sembrano tutti uguali e dicono tutte le stesse cose – mostra una società in cui i ragazzi dicono “tizia è la donna di caio” ai loro amici, come se si trattasse di proprietà. E a usare queste parole è quello più gentile ed educato fra i personaggi dei ragazzi.

Per tutti gli altri, si usano offese ed epiteti fin troppo banali, il bullismo regna sovrano e le ragazze fanno frequentemente sesso con il fidanzato di turno pur non avendone voglia. Come se vi fossero costrette. Non da loro, bensì perché ci si aspetta semplicemente che sia così (e non so quale fra i tanti messaggi rivolti ai giovani sia più grave e più sbagliato).

Anche la questione della violenza sessuale, che poteva essere gestita in mille modi diversi, finisce per diventare banale e puramente funzionale alla trama. A subirla è una ragazza che in passato aveva denunciato un ragazzo innocente, a perpetrarla è il poveretto di turno devastato dal dolore. Uno che si scusa dicendo “Te sto a chiede scusa, ch’altro devo fa’?!” salvo poi scrivere una toccante lettera in cui si è reso conto di aver commesso un fatto molto grave. Giusto ai fini della trama: quando serve la riabilitazione, ecco che arriva la comprensione del gesto. Offensivo per l’intelligenza degli spettatori ma anche per la situazione reale del Paese.

Padri e figli

Adorazione: la miniserie italiana infarcita di stereotipi e messaggi negativi

Gli stereotipi più forti – oltre alla ragazza queer della situazione, che poteva anche tatuarselo in fronte risultando meno esplicita – però sono quelli affibbiati ai genitori. Il padre che se ne va con un’altra pensando di poter smettere di fare anche il padre, oltre che il marito. La figlia abbandonata che se la prende con la madre, incapace di essersi tenuta un uomo (un altro bel messaggio sulle donne, proprio…). La madre che guarda solo il conto in banca del ragazzo della figlia e spinge perché stia con lui a vita, per “sistemarsi” come nel 1800… Un disastro su tutta la linea. Anche perché a scomparire non è la classica “brava ragazza di buona famiglia”, come si suol dire. A scomparire è quella che combina sempre guai, quella che ruba, che beve, che fa uso di droga, che tradisce, che è sempre la ribelle di turno. Come se essere adolescenti fosse qualcosa che capita solo a certa gente, e non agli altri.

Fra stereotipi, messaggi sbagliati, tematiche delicate buttate lì a caso e dialoghi banali, Adorazione è un disastro. Fa specie che ci sia anche una donna, Donatella Diamanti, a firmare questi copioni insieme ai due sceneggiatori Giovanni Galassi e Tommaso Matano.

Mare fuori, altra serie italiana rivolta ai giovanissimi, pare Kubrick in confronto.



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Scritto da: redazione

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