Alzi la mano chi almeno per una volta nella vita non si è fatto conquistare da quella terra densa di ammiccanti promesse che è la notte? Chi non si è gasato nel sentirsi habitué di un locale, al punto da poterci andare anche da solo sapendo di trovare sempre qualcuno del “giro” con cui bere un cocktail. Chi non si è illuso che per dimenticare un amore finito male possa bastare una serata di baldoria, ordinando “una guinness per la prima manche” perché tanto anche se sei triste “il tuo cuore non lo sa”. Chi non si è sentito padrone del mondo accanto a un amico di scorribande, di quelli “una birra di qua una birra di là e la sera se ne va”? Chi, nell’attesa di una serata ancora tutta da decifrare, non si è trovato a girare per casa mentre “l’ennesimo caffè brucia indisturbato sul gas, tardi per un film, testa tra le nuvole, ballo il cha cha cha mentre metto in ordine”?
Sergio Caputo e quello strano groviglio di emozioni di cui è il re
Più che un cantautore, Sergio Caputo è un mood, un moto dello spirito, un groviglio di emozioni difficili da mettere a fuoco, perché di volta in volta ancestrali, tenere, stranianti, inconfessabili ma assolutamente autentiche. E la forza di quel ragazzo di 40 anni che è il suo primo album “Un sabato italiano“ è tutta qui, in dieci canzoni immerse nel jazz diventate degli evergreen, con atmosfere rarefatte ma allo stesso tempo chirurgiche nel descriverci in quel periodo dell’esistenza (più mentale che fisico) nel quale tutto ci sembra possibile. Ora Caputo sta portando a spasso la sua creatura quarantennale con una serie di concerti ribattezzati “Un sabato italiano 40 Show” e dopo essere stato a Milano e a Roma si appresta a cantare a Napoli il 28 aprile. Le altre date si aggiungeranno via via, mentre anche un cofanetto celebrativo pubblicato da Sony si incarica di festeggiare a dovere un album che non ha nessuna intenzione di invecchiare. Chi ne ha la possibilità corra a vedere un concerto di questo funambolo delle emozioni che in questa videointervista concessa a Tiscali Spettacoli si racconta con disarmante sincerità.
Perché questo album non invecchia? Qual è il suo segreto?
“Un sabato italiano” è così longevo perché racconta amori, amicizia, ansia, inquietudini nei confronti del futuro. Non è agganciato a fatti storici o eventi che gli diano una collocazione nel tempo. È agganciato unicamente alle emozioni che si ripropongono nel corso della vita di ognuno di noi”.
Quando lo hai scritto e cantato facevi il pubblicitario di giorno e il viveur di notte. Mi descrivi una delle tue folli e lunghissime giornate di allora?
“Ero un giovane art director in una grande agenzia di pubblicità e di giorno mi occupavo di importanti campagne per importanti clienti. Poi tornavo a casa a riposare un po’ e verso le undici uscivo e andavo a rastrellare la città. L’inizio degli anni Ottanta era un momento di risveglio della voglia di vivere dopo i funesti Anni 70 che non rimpiango per niente. Era la voglia di andare a cercare la vita. Così giravo tutta la notte di locale in locale: man mano che chiudeva uno ce n’era un altro che apriva e così fino all’alba quando tornavo a casa per una doccia e alle nove mi ripresentavo in ufficio a fare la mia vita lavorativa. E questo modo di vivere è andato avanti per molti anni, cosa che oggi non potrei permettermi di fare…”.
Oggi vivi in Francia e hai tre bambini piccoli: ti mancano mai quei tempi?
“Ogni età le proprie gioie e i propri crucci. Non rimpiango nulla del passato perché vivo nel presente e con i bambini piccoli ho di nuovo cambiato vita. Dagli Stati Uniti sono tornato in Italia e poi dall’Italia mi sono trasferito in Francia dove vivo serenamente il fatto di essere anonimo. Anzi, mi piace moltissimo. Non ho grossi rimpianti di quei tempi come non li avrò di questi se non per il fatto che i bambini crescono e si perdono certi momenti magici”.
In una delle canzoni del disco cerebri la tua amicizia con Rino che purtroppo qualche giorno fa è morto . Di cosa era fatta la vostra amicizia?
“Rino l’ho conosciuto negli anni 70, faceva la programmazione del Folk Studio dove sono passati De Gregori, Venditti, Cocciante. Era un po’ un talent scout e faceva esibire le persone che suonavano per hobby. In me vide qualcosa di interessante e mi fece esibire. E pian piano diventammo amici. insieme eravamo la strana coppia: lui altissimo, io piccolo. E in comune questa brama di vivere, di sperimentare, di conoscere la notte e le persone. Una sete di vivere che ci ha portato nel tempo a dividere appartamenti, moto, macchine e a lavorare insieme nella pubblicità e nella musica. Quando mi sono trasferito negli Usa ci siamo persi per qualche anno. A volte abbiamo anche discusso ma ci siamo sempre ritrovati. L’ultima volta l’ho visto a Milano al Blue Note. Ora lui ha deciso di andare avanti…”.
“Merci Bocù” è uno dei brani più amati di “Un sabato italiano”: quando una storia finisce e non si è troppo d’accordo, come bisogna reagire? Funziona ancora l’atmosfera del night dove ci si distrae ma poi “alla fine quasi tutti sanno tutto, sempre così… conviene alzare i tacchi via di qui …”?
“Quando finisce un amore devi lasciarlo andare. L’ho scritto in un brano e lo penso davvero perché si risparmierebbero pene d’amore e anche molte tragedie. Sono momenti tristi: c’è tutto un processo di guarigione che ti porta a far di tutto per cercare di dimenticare questa persona. E si va a cercare di vivere, di andare nei posti dove c’è altra gente. Oggi ci sono dei siti che fanno incontrare le persone sole o single e credo che questa cosa non cambierà mai”.
Qual è il fascino della notte?
“La notte è sempre affascinante. Sarà la calma o l’atmosfera rarefatta ma di fatto ti risveglia una quantità di lati di te stesso che di giorno non emergono.La maggior parte delle mie canzoni le ho scritte di notte compresa “Un sabato italiano”. O si esce a fare baldoria oppure la notte ha il sopravvento su di te e ti risveglia quelle parti della tua interiorità che magari in mezzo agli altri non mostri”.
Le dieci canzoni di quell’album erano abbinate ad altrettanti cocktail. Quello tra notte, alcol e fumo sembra un mix inscindibile: hai mai temuto che ti prendesse troppo la mano? Come lo si tiene a bada senza rinunciare a vivere quelle atmosfere che la notte sa regalare?
“Molte canzoni del Sabato Italiano sono abbinate a dei cocktail e a sigarette tutte cose che fanno malissimo ma che spesso abbiamo voglia di avere nella nostra vita. Oggi io mi stupisco di aver superato quella fase perché quando si è giovani si tende a esagerare tra fumo e alcol. Oggi non potrei più fare una cosa del genere. Vanno fatte con moderazione, non si deve esagerare. So che Molti fans vorrebbero vedermi come allora. Che poi era come io vedevo un Bukowski o Tom Waits però c’è un tempo per ogni cosa. Quando si esplora la vita capita di accompagnarsi a delle sostanze che possono essere molto nocive. Di certo oggi un album come “Un sabato italiano” con i cocktail suggeriti non potrebbe uscire perché non sarebbe corretto. Ma erano altri tempi”.
Chi era “Spicchio di luna”? Me la descrivi? Non importa il nome ma di certo sai che quasi tutti hanno una spicchio di luna in fondo al cuore. Perché le cose non avevano funzionato?
“Spicchio di luna è stata un grande amore della mia vita e come tutti i grandi amori di quando si giovani è finito per motivi non molto chiari. Direi che è sfumato via. Io mi stavo trasferendo da Roma a Milano con l’idea di ritornare, poi invece non sono tornato mai più. Lei era una molto libera e indipendente. Ma non ci siamo persi del tutto. Ogni tanto ci scriviamo. Credo che probabilmente ai miei concerti. C’è una canzone che si intitola “Foglie morte” e che racconta che è la vita a separare quelli che si amano. Tra me e Spicchio di luna è andata così, inseguendo le direzioni diverse prese dalla vita”.
Che cosa fai oggi il sabato sera quando non sei in tour? In quella canzone parli delle donne degli amici, di una notte che è un dirigibile che porta lontano, del festival dei fiori che ti pugnalava anche se poi ci sei andato, della malinconia latente nei momenti più felici.
“Possono cambiare i confini degli Stati, possiamo tornare sulla Luna o sbarcare su Marte, possono succedere e cambiare tante cose ma di certo il sabato è e resterà il giorno della trasgressione, quello in cui ci sentiamo liberi di lasciarci andare, quello in cui nutriamo aspettative spesso disattese Un giorno della settimana che è molto speciale perché si allentano i freni. Il sabato non passerà mai e mi fa molto piacere averlo cantato. Di certo “Un sabato italiano” mi sopravviverà”
Ti capita ancora di essere malinconico quando sei felice? Qual è l’ultimo momento di felicità che hai assaporato?
“In una serie tv che vedevo qualche girono fa c’era un padre che diceva alla figlia “non si può essere sempre felici, ci sono gli alti e bassi nella vita”. Ecco anch’io la penso così: bisogna imparare ad accettare tutto. Il mio ultimo momento felice è ogni volta che vedo uno dei miei tre figli. In particolare il più piccolo Viktor che ha preso l’abitudine di stare seduto sul palco in un angolino in ombra a darmi coraggio. Io mi giro, lo vedo e mi dà davvero forza. E lo scambio di emozioni tra me e il pubblico fa un giro un po’ più largo e passa anche attraverso questo esserino”.
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