Sea and Sardinia, Mare e Sardegna, è un travel blog ante litteram del famoso scrittore inglese David Herbert Lawrence, che venne sull’Isola nei primi anni ’20 del secolo scorso con sua moglie, la ricca Frieda von Richthofen, nel romanzo chiamata q-b, queen bee, ape regina. Veniva incuriosito, sulla scorta dei tanti viaggi in Sardegna di colti viaggiatori, scrittori ed artisti, in cerca di emozioni, di autenticità e di riconnessione con se stesso, diremmo oggi, in una terra che allora appariva più esotica che mai, misteriosa e affascinate, ricca di miti e riti unici.
Il libro scandaloso in preparazione
Reso celebre dal romanzo L’amante di Lady Chatterleyper l’audacia del linguaggio con cui descrive la vita sessuale dei personaggi, Lawrence ha scritto molto altro e ha amato profondamente l’Italia e tutte le manifestazioni della vita, inclusa la sessualità, che allora era fortemente tabuizzata.
Il territorio e i sapori di una Sardegna lontana da tutto
Tornando al suo viaggio nel cuore del Mediterraneo come quasi tutte le isole del Mare Nostrum la Sardegna era difficile da raggiungere e questo aggiungeva suggestione e un senso di avventura ben palpabili in molte opere. Lawrence è con lo scrittore francese Valery e il nostro Gabriele d’Annunzio forse il viaggiatore più famoso ad aver visitato l’Isola. Alcuni stuzzicanti passaggi di Sea and Sardinia di Lawrence naturalmente riguardano il cibo e le bevande sarde, la cucina e le pratiche di consumo alimentare. Quante volte, ad esempio, ricorre la parola “tè” in Mare e Sardegna? Molte. Preparato e tenuto in caldo nel mitico thermos che incuriosisce i locali, Lawrence viaggia con grande apertura mentale ma anche con il suo apparato culturale, come tutti noi, e con i suoi feticci gastronomici, il tè in primis.
Mercato alimentare nuovo nel cortile del palazzo comunale a Nuoro (dall’archivio Sardinia Digital Library)
Le ultime abitudini inglesi prima di scoprire altro
Sulla nave da Palermo a Cagliari: “Bene, siamo tornati sulla nave. E vogliamo il tè. Sulla lista vicino alla porta c’è scritto che dobbiamo avere caffè, latte e burro alle 8.30, pranzo alle 11.30, tè, caffè o cioccolata alle 15.00 e cena alle 18.30. E inoltre: “La compagnia darà da mangiare ai passeggeri solo per la durata normale del viaggio”. Bene, molto bene. Allora dov’è il tè? Non c’è traccia!”.
Mandas: la porta verso un altro mondo
Viaggiando in treno verso Mandas, Lawrence osserva tutto e conversa con i viaggiatori sardi nello scompartimento: con stupore ci guardava mentre prendevamo il tè caldo dalla borraccia del Thermos. Credo che anche lui avesse sospettato che si trattasse di una bomba. Aveva gli occhi azzurri e le sopracciglia bianche. “Bello caldo…!”, disse vedendo il vapore del tè. È l’esclamazione inevitabile. “Ti fa bene?”. “Sì”, rispose q-b. “Molto bene”. Quasi a Mandas, il tè sta finendo; insieme al calare della notte, produce uno sconforto-disperazione nello scrittore, per il quale il tè rappresenta il legame culturale e concreto con le proprie radici.
“Ci siamo seduti in un’incredibile penombra e nell’odore di lana di pecora e di contadino, con solo il nostro grasso e stoico giovane a dirci dove eravamo. Gli altri volti imbruniti cominciarono a sprofondare in un silenzio morto e cupo. Alcuni si misero a dormire. E il trenino continuava a correre, attraverso le sconosciute tenebre sarde. Disperati, ci scolammo l’ultima goccia di tè e mangiammo le ultime croste di pane. Sapevamo che prima o poi saremmo arrivati”.
Sorgono, con la fissazione del té british
Da Mandas, Lawrence e Frieda decidono di raggiungere Sorgono, sempre in treno. Naturalmente, dopo aver riempito il loro thermos di tè:“Non c’è niente da fare a Mandas. Prendiamo quindi il treno del mattino e andiamo al capolinea, a Sorgono. Così, attraverseremo le pendici inferiori del grande nodo centrale della Sardegna, il nodo montuoso chiamato Gennargentu. E Sorgono sentiamo che sarà incantevole. Tornati alla stazione, prepariamo il tè sulla lampada a spirito, riempiamo il thermos, prepariamo lo zaino e il cucinino e usciamo al sole del binario”. A Sorgono, dopo un pasto sgradevole al ristorante Risveglio, il tè diventa di nuovo comfort food, per lenire la delusione. “Così saliamo al piano di sopra e prepariamo il tè per riempire la borraccia del thermos. Poi, con il sacco in spalla, esco dal Risveglio”.
Una cartina della Sardegna di fine Settecento (dall’archivio Sardinia Digital Library)
Il distacco dalla propria cultura del cibo
A Nuoro, a una bella descrizione segue il rito della preparazione del tè, sorseggiato a letto ascoltando la vita fuori, nella penombra del tramonto:“Non trovammo nessun caffè che sembrasse buono. Arrivati alla locanda, chiedemmo se c’era un fuoco acceso da qualche parte. Non c’era. Siamo saliti nella nostra stanza. Sulle cime delle case il rosso porpora di un tramonto morente. E faceva molto freddo. Non c’era altro da fare che stare a letto. Q-b preparò un po’ di tè sulla lampada a spirito, e noi ci sedemmo a letto a sorseggiarlo. Poi ci coprimmo e restammo sdraiati per riscaldarci. Fuori il rumore della strada continuava senza sosta. Si fece abbastanza buio, le luci si riflettevano nella stanza”.
Ecco il tema del tè in Sardegna. Lawrence lo cita anche in altri passaggi, è come un mantra culturale, un’ancora di salvezza. Ne citiamo almeno uno, per completare il quadro, in cui Lawrence ha lasciato la Sicilia e sta compiendo la traversata verso la Sardegna. Qui il gastrocentrismo, presente anche nel viaggiatore più navigato, appare in tutta la sua evidenza. La colazione appropriata, desiderata e auspicabile è quella inglese: tè caldo, pancetta inglese di Malta, per fare dei sandwich, uova strapazzate, pane e burro:“Prima riempire il thermos di tè caldo. Poi friggete il bacon – un buon bacon inglese di Malta, davvero una manna dal cielo – e preparate dei panini al bacon. Preparate anche dei sandwich di uova strapazzate. Preparate anche pane e burro. Anche un po’ di pane tostato per colazione e altro tè. Ma chi ha voglia di mangiare a quest’ora infausta, soprattutto quando si sta fuggendo dalla Sicilia stregata”.
L’organizzazione del kitcherino
Nel paragrafo successivo Lawrence spiega cosa intende per kitchenino, piccola cucina, dove il suffisso italiano -ino funge da diminutivo e anche da vezzeggiativo del termine cucina: “Riempiamo la piccola borsa che chiamiamo kitchenino. Spirito metilico, un pentolino di alluminio, una lampada a spirito, due cucchiai, due forchette, un coltello, due piatti di alluminio, sale, zucchero, tè… che altro? La borraccia thermos, i vari panini, quattro mele e un barattolino di burro. Questo per quanto riguarda il cucinino, per me e per l’ape regina. Poi il mio zaino e la borsetta della q-b”.
Cagliari, le merci alimentari e i sapori nuovi
Ma non è tutto negativo il paesaggio del cibo sardo in Lawrence, che peraltro sovente in Mare e Sardegna si lamenta per la scarsità di cibo e bevande, confortato solo dalle generose offerte di persone incontrate lungo il loro itinerario, che donano loro, con la tipica ospitalità sarda, parte delle proprie provviste di viaggio. Cagliari e le sue merci, ad esempio, lo lasciano piacevolmente sorpreso, e ne fa un ritratto davvero intrigante. Qui l’alterità alimentare è positiva, suscita curiosità, emozioni, desiderio di conoscere e avvicinarsi all’altro. Una delle descrizioni più sontuose è quella del mercato cittadino.
“Devo venire a fare la spesa qui”
“Perciò seguiamo Madame (la loro ospite) che va al mercato e ci troviamo nell’immensa casa del mercato, che brilla di uova: uova in questi grandi cestini rotondi di erba dorata, ma uova in mucchi, in cumuli, in cumuli, una Sierra Nevada di uova, che brillano di un bianco caldo. Come brillano! Non l’ho mai notato prima. Ma emanano nell’aria un’effervescenza calda e perlacea, quasi un calore. Sembra che da esse esca un calore dorato e perlaceo. Miriadi di uova, viali luminosi di uova. […] Questo è il mercato della carne, del pollame e del pane. Ci sono bancarelle di pane nuovo, di varie forme, marrone e brillante: ci sono piccole bancarelle di meravigliosi dolci locali, che voglio assaggiare, c’è una grande quantità di carne e di capretto: e ci sono bancarelle di formaggio, tutti i formaggi, di tutte le forme, di tutte le biancherie, di tutti i colori crema, fino al giallo giunchiglia. Formaggio di capra, di pecora, svizzero, parmigiano, stracchino, caciocavallo, provolone, quanti formaggi non so come si chiamano! […] C’è anche un po’ di burro fresco: trenta o trentadue franchi al chilo. La maggior parte del burro, però, è inscatolato a Milano. Costa come quello fresco. Ci sono splendidi mucchi di olive nere salate ed enormi ciotole di olive verdi salate. Ci sono polli e anatre e uccelli selvatici […] C’è la mortadella, l’enorme salsiccia bolognese, spessa come un pilastro di una chiesa: 16 franchi; e ci sono vari tipi di salsicce più piccole, salami, da mangiare a fette. Un’abbondanza meravigliosa di cibo, splendente e brillante”.
L’esclamazione di Frieda la sua amata queen bee, a suggello dell’esperienza, è esemplificativa della piacevole sorpresa che meraviglia i due coniugi al mercato, per la ricchezza e varietà dei prodotti in vendita: “Devo venire a vivere a Cagliari, per fare la spesa qui”.
Il pittore Ballero seduto in Piazza d’Armi, ora Piazza Vittorio Emanuele a Nuoro (Mercato alimentare nuovo nel cortile del palazzo comunale a Nuoro (dall’archivio Sardinia Digital Library)
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