Cercando “568” su internet ci si imbatte nell’anno bisestile in cui i Longobardi bussarono alle porte della penisola italiana, in un articolo del Codice di Procedura Penale, decreti, numeri di matricola. Ma i protagonisti della ricerca sono i video di Luca Ravenna, per la precisione quelli del suo spettacolo 568, un numero magico le cui origini ai più suonano oscure. Bisogna calarsi tra gli “Of course… but maybe?” del comico statunitense Louis Ck per trovare il senso di quella cifra. Infatti, è la durata in secondi di un suo monologo che Ravenna ha scelto come nome per il suo fortunato tour.
Diplomato al Centro sperimentale di cinematografia, Ravenna ha collezionato con il suo stand up comedy show nell’ultimo anno numerosi sold out per il continente. Già autore di Quelli che il calcio e protagonista dei podcast Cachemire e Taq – rispettivamente, con Edoardo Ferrario e Daniele Tinti – il comico ha fatto anche il suo esordio discografico con 568, un comedy album registrato al teatro lirico Giorgio Gaber di Milano, a centro metri da dov’è nato e cresciuto.L’oggetto «da collezione» e «demodé», che cristallizza la serata non è nulla digitale, ma un buon vecchio vinile. Quando lo prendi in mano per metterlo sul piatto lo guardi con un misto di curiosità e sospetto: un conto è assistere dal vivo a uno spettacolo o, comunque, vederlo dal salotto di casa, altro è ascoltarlo e basta. Peraltro, senza gli accorgimenti che può avere un podcast. Ma se in un primo momento vince il dubbio, non appena la puntina comincia a scorrere tra i solchi del vinile sembra di stare proprio lì a teatro. Una sensazione strana che ti rapisce di battuta in battuta, tanto che quando devi cambiare lato, come si faceva un tempo, hai un attimo di esitazione.Per un genere come quello della stand up comedy, che in Italia ha preso piede attraverso brevi video online e un passaparola alimentato dalle condivisioni social, quella di Ravenna, come per Saverio Raimondo e il suo Live a Studio 33, è una bella sfida.
Una sfida
Una sfida che ti permette di apprezzare piccole venature dietro alcune battute, leggere sfumature nelle reazioni del pubblico – mai troppo ingombrante e quindi un valore aggiunto. Dal canto suo, Ravenna prosegue nel suo momento d’oro, non solo per i numeri: il suo occhio cinico e chirurgico viviseziona relazioni sociali, il passare del tempo, gli aneddoti personali di chi comincia ad avere alle spalle una bella quantità di serate. Il comico milanese filtra tutto questo attraverso la lente di un ragazzo classe 1987 che ha cesellato nel tempo la sua cifra, rendendola riconoscibile. Anche se molti riferimenti sono “generazionali”, il suo pubblico è decisamente variegato, segno che quando il meccanismo della battuta funziona a volte puoi fare a meno del contesto. Gran merito è ovviamente di Luca Ravenna e della sua comicità, in gran parte ereditata dal padre, un impiegato di banca che, tornato a casa, si dilettava negli scherzi telefonici. E dal fratello, che ha lasciato il mondo finanziario per fargli da manager. Oltre a far ridere, 568 ha il pregio di immergerti nella complicità tra il comico e la platea, nell’intreccio di voci, luoghi, atmosfere che una sola persona col microfono in mano su di un palco spoglio riesce a dipanare.
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