Ha un colore bruno, un aspetto più “grezzo e verace” e costa quasi sempre di più. Il business alimentare del cibo integrale, dai dolci alla pasta, dal pane fino ai cereali va alla grande e anche di recente il suo fatturato milionario nel nostro Paese è cresciuto dell’1,4%. Ma cosa c’è davvero in quelle confezioni che ci attirano promettendo “100 per cento integrale” e “più ricco di fibre?”. Un recente studio e una serie di test su 82 prodotti lo svelano e permettono di capire cosa è davvero integrale e cosa viene fatto con le “farine ricostruite”.
Cos’è la farina ricostruita
Questo tipo di farina è presente in moltissimi prodotti cosiddetti integrali. In realtà si parla di farina di frumento raffinata a cui viene poi aggiunta crusca o cruschello. Alla vista, al tatto o al gusto sembra di avere a che fare con un prodotto più sano, più nutriente e meno sofisticato, in realtà è il contrario. Con un doppio esito negativo: l’indice glicemico sprigionato da questo tipo di farina è più alto, e il mix di materie prime alimentari diverse macinate assieme porta a perdere le caratteristiche nutrizionali del germe di grano. Perché si sceglie sempre più spesso di produrre con questa farina mescolata? Perché ha maggiore durata di quella tutta integrale, ha più glutine rispetto a quella tutta integrale e con l’aggiunta di crusca e cruschello dà ai prodotti alimentari quel colore brunito che tanto attira chi è alla ricerca di un prodotto più “naturale” e “salutare”. Il team del Salvagente ha svolto test su 82 prodotti definiti integrali e venduti nel nostro Paese. E dai risultati viene fuori che la maggior parte dei prodotti non sono integrali ma fatti con farine ricostruite.
Come scegliere
Degli 82 prodotti analizzati dal Salvagente (qui il test completo) particolare attenzione hanno avuto i biscotti per la prima colazione, di cui sono stati testati 42 tipi diversi. Quasi mai il prodotto è totalmente integrale, ecco tre esempi:
.“Mulino Bianco Molinetti” con farina integrale di grano saraceno (fatti con crusca e farine di diversi cereali e soltanto il 6,3% di farina integrale di grano saraceno)
.“Lidl Realforno” frollini con farina integrale di grano saraceno (solo il 6,3% di farina integrale di grano saraceno più al 3,9% di crusca)
.“Il Gran Turchese Più” frollino con farina integrale e gocce di cioccolato (niente farina integrale, sono fatti con cruschello).
Questo solo un campione di una tendenza generale molto più ampia. Ma la legge lo consente? Sì, poiché la circolare 168 del Ministero delle Attività produttive (consultabile qui) ammette “l‘uso del qualificativo integrale nella denominazione di vendita (esempio: biscotti integrali) sia nel caso di utilizzo di farina di frumento integrale acquistata come tale da aziende molitorie, sia nel caso in cui si ottenga tale prodotto, con le medesime caratteristiche, nell’ambito dello stesso opificio, ove viene utilizzata, aggiungendo crusca e/o cruschello alla farina di grano tenero“. Un “finto integrale” o un integrale parziale tollerato dalle norme in vigore. Ma chi cerca il vero integrale a cosa deve stare attento? Bisogna saper leggere bene ciò che è scritto nelle etichette, da cui deve risultare che la farina integrale deve essere più del 50%, e nella lista deve risultare come primo ingrediente. Diversamente si rischia di pagare a più caro prezzo pane, crackers, snack, grissini, biscotti venduti come integrali ma nei quali, per l’uso tollerato della farina ricostruita, la parte integrale potrebbe limitarsi ad un misero 1%.
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