Nasce l’alleanza tra i produttori italiani del sale marino, sotto l’egida di Confagricoltura. A firmarla sono e cinque le più importanti saline di mare nazionali. C’è Atisale, che con le saline di Margherita di Savoia in Puglia, tra le più grandi di Europa con 4.500 ettari, e quelle di Sant’Antioco in Sardegna è il maggior produttore di sale marino italiano. Ci sono le Saline Luigi Conti Vecchi, nella laguna di Santa Gilla a due passi da Cagliari, con quasi 2.800 ettari in produzione. C’è Sosalt con le saline nella fascia costiera tra Trapani e Marsala. C’è il parco della Salina di Cervia, con oltre 800 ettari di estensione e 150 anni di storia. E c’è Isola Longa, la maggiore salina di mare del Trapanese, situata nell’omonima isola dell’arcipelago dello Stagnone, che produce oltre 23mila tonnellate di sale ogni anno.
In Italia la produzione di sale marino è di 1,2 milioni di tonnellate all’anno, circa il 30% della produzione totale di sale. I principali Paesi produttori di sale marino nella Ue sono la Francia e l’Italia, seguiti da Spagna e Grecia. Il sale, oltre che per uso alimentare, viene impiegato nell’industria metallifera, vetraria, chimica, cartaria, farmaceutica, nell’edilizia, nel settore tessile, nella cosmetica e nei detersivi.
L’obiettivo del progetto è di dimostrare che anche la coltivazione del sale marino è attività agricola, in modo da assicurare agli operatori del settore la stessa fiscalità agevolata che si applica nelle campagne. «La lavorazione del sale marino – ha promesso il sottosegretario all’Agricoltura, Patrizio La Pietra, ai rappresentanti delle saline riuniti a Roma – risente del clima così come ogni altra attività agricola e penso che nei prossimi mesi si possa valutare un percorso di transizione delle saline dall’ambito industriale a quello più specificamente agricolo».
«Questo settore – ha detto il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti – ha una rilevanza economico-ambientale e ha millenni di storia. Possiamo cominciare a costruire un progetto per il comparto e per questo chiederei l’aiuto della politica. Lavoriamo da anni a questo progetto della salicoltura, riteniamo che sia un’attività agricola per due motivi: il primo perché è un prodotto naturale, e poi perché è un’attività di coltivazione».
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