Questa settimana possiamo scegliere fra tre vie per riflettere sul Natale. La via napoletana, dove la tradizione popolare stravolge un testo nato durante la Controriforma. La via veneziana, dove la seicentesca vocalità sacra di un gigante come Monteverdi si rifrange sull’oro dei mosaici di S. Marco. All’Auditorium Parco della Musica la via londinese con il “Messiah” di Händel
Napoli
Dal 22 al 30 al Teatro Trianon Viviani la “Cantata dei pastori”, con Peppe Barra e Lalla Esposito, musiche di Giorgio Mellone. Un testo del Seicento, scritto dal gesuita Andrea Perrucci, che si è continuato a mettere in scena fino ad oggi. Anno dopo anno il copione è stato arricchito con tutti i linguaggi, alti e bassi del Teatro: farsa, avanspettacolo, commedia dell’arte, musical. Ecco due napoletani, poveri: Razzullo, scrivano, è capitato in Palestina per il censimento voluto dall’Imperatore romano; e Sarchiapone, suo compaesano, in fuga per i crimini commessi. Incrociano Maria e Giuseppe, che sono alla ricerca di un riparo sicuro a Betlemme, dove dare alla luce Gesù. Il viaggio viene ostacolato da Belfagor, il demonio, con l’intento di impedire che il potere del bene arrivi sulla terra e che l’umanità si possa redimere dal peccato originale. Allo stesso tempo la coppia viene protetta dalla spada di Gabriello Arcangelo. La tradizione popolare stravolse a poco a poco quel testo della Controriforma, volgarizzandolo, rovesciandone gli intenti educativi, edificanti, riuscendo così a strapparlo dall’ineluttabile oblio del tempo. Lo spettacolo andava in scena alla mezzanotte del 24 dicembre. Alla gente, dopo la cena della Vigilia, toccava fare una scelta: a Messa o a Teatro? Uno spettacolo che vuole mettere al centro la lingua, la musica, la storia della città di Napoli, unico luogo al mondo dove sia stato possibile creare, e conservare così a lungo, uno spettacolo dal genere indefinibile, un unicum teatrale, frutto di secoli di devozione. Uno spettacolo all’antica italiana, dove, sulle tavole scalcagnate, gli attori impersonavano più ruoli, in una girandola di travestimenti che diverte il pubblico e spaventa i due affamati protagonisti.
Venezia
Il 20 nella Basilica di S. Marco ritorna la tradizione del Concerto di Natale del Teatro La Fenice, affidato come di consueto alle voci della Cappella Marciana, con il suo direttore Marco Gemmani, e agli strumenti della Schola Cantorum Basiliensis. Il programma è quello del “Vespro di Natale” che Claudio Monteverdi, Maestro di Cappella in S. Marco, presentò proprio nella celebre Basilica il Natale 1623. I pezzi sono parte della monteverdiana “Selva morale e spirituale”, quaranta composizioni di area morale o sacra o più specificamente liturgica; introdotta da cinque madrigali morali, prosegue con cinque brani dell’Ordinarium Missae, quindi un mottetto, quattordici salmi, inni, cantici e si conclude con il “Pianto della Madonna”, a voce sola sopra il “Lamento d’Arianna”. Alla generosa parte tratta dalla “Selva” il programma associa anche la Canzon terza per quattro tromboni e la Canzon ottava per due cornetti e quattro tromboni di Biagio Marin e il sontuoso De profundis di Alessandro Grandi per due cori a 4 voci. Entrambi questi autori furono in stretto legame con Monteverdi, il primo allievo e il secondo suo vice nella Basilica.
Roma
Il 20-21-22 all’Auditorium Parco della Musica l’Orchestra e Coro di S. Cecilia e cantanti sono diretti da John Nelson in uno degli oratori più celebre, il “Messiah” di Händel. Libretto in inglese di Charles Jennens con testi tratti dalla Bibbia di Re Giacomo e dalla versione dei Salmi compresa nel Book of Common Prayers. Il “Messiah” si articola in tre parti: la prima tratta dell’Avvento, la seconda della redenzione mentre la terza preannuncia il ritorno di Cristo; è stato composto tra l’agosto e il settembre del 1741.
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