L’anno 2023 ha visto il mondo registrare un calo significativo del 14% nelle precipitazioni e una temperatura media superiore di 1,14 gradi rispetto alla media storica del periodo 1991-2020. Questi dati delineano un quadro preoccupante dei cambiamenti climatici in corso. L’attenzione si concentra in particolare sui tradizionali Giorni della Merla (29-30-31 gennaio), i quali, secondo la leggenda, dovrebbero essere i più freddi dell’anno. Tuttavia, l’attuale anomalia meteorologica sembra smentire questa tradizione millenaria.
Cosa sono i Giorni della Merla
I Giorni della Merla, ossia gli ultimi tre giorni di gennaio, sono noti come i giorni più freddi dell’anno secondo la tradizione popolare. Questa credenza è accompagnata da una leggenda che narra di una merla e dei suoi piccoli che, alla fine di gennaio, cercarono riparo in un comignolo. Dopo tre giorni di permanenza, i merli uscirono dal comignolo con il piumaggio color grigio o bruno-nerastro a causa della cenere. La leggenda vuole che da quel giorno in poi tutti i merli siano diventati neri.
Secondo la tradizione, la merla annuncerebbe l’arrivo della primavera in anticipo o in ritardo, a seconda delle condizioni meteorologiche di quei tre giorni. Se i giorni della merla sono miti, ciò significherebbe che l’inverno durerà ancora a lungo; se, al contrario, sono freddi, l’inverno finirà presto e la primavera sarà alle porte.
Gli impatti dei cambiamenti climatici
Questo fenomeno non è più riscontrabile con certezza, segnalando una variazione climatica che sta sfidando persino le credenze popolari radicate nel folklore. L’osservazione più evidente di questi cambiamenti è la frequenza e l’intensità delle ondate di calore invernali: giorni che un tempo erano caratterizzati da temperature glaciali ora possono sperimentare improvvisi picchi di caldo. Questa anomalia climatica ha portato ad una sfida nella previsione meteorologica e ha impatti significativi su agricoltura, fauna selvatica e stili di vita umani.
Il caldo fuori stagione – sottolinea la Coldiretti – manda la natura in tilt e favorisce in tutte le piante il risveglio anticipato anche le fioriture anticipate come per le mimose in anticipo di un mese rispetto alla data dell’8 marzo, con il pericolo di esporre le coltivazioni ai danni di un prevedibile, successivo, forte abbassamento delle temperature con la conseguente perdita dei raccolti. E con il caldo, aggiunge la Coldiretti, le popolazioni di insetti dannosi per le colture sopravvivono per attaccare successivamente i raccolti nella prossima primavera.
La situazione è resa ancor più allarmante dalla siccità invernale, con la mancanza di neve in diversi settori delle Alpi e dell’Appennino. Negli invasi della regione Sardegna il primo gennaio c’era il 21% di acqua in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente mentre in quelli della Sicilia a gennaio 2024 il deficit è del 13% rispetto all’anno precedente secondo le analisi Coldiretti sui dati dei Dipartimenti Idrografici Regionali.
La scarsità di pioggia -precisa la Coldiretti- ha portato a una carenza di fieno nei pascoli e a difficoltà nello sviluppo di ortaggi. Settori come la coltivazione di arance e insalate stanno soffrendo a causa della mancanza di acqua, creando preoccupazioni per la sicurezza alimentare.
L’associazione agricola sottolinea l’importanza di un impegno delle istituzioni per affrontare queste sfide, abbracciando l’innovazione dell’agricoltura 4.0 con l’uso di droni, robot e satelliti. Tuttavia, sottolinea che sono necessari anche investimenti nella gestione sostenibile dell’acqua, con un sistema diffuso di piccoli invasi per raccogliere e regolare l’acqua in modo efficiente. Affrontare i cambiamenti climatici richiede un approccio integrato che coinvolga agricoltori, istituzioni e la società nel suo complesso.
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