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Mameli, tutte le differenze fra la fiction Rai e la Storia

today13 Febbraio 2024 9

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Prima di tutto i numeri, che quando si parla di televisione pare siano tutto. E i numeri dell’Auditel dicono che la prima puntata della miniserie Rai Mameli – Il ragazzo che sognò l’Italia, sull’autore dell’inno nazionale italiano (ma vedremo che le cose sono molto più complesse di così) ha fatto il 23,5% di share con 4.247.000 telespettatori. Quasi il doppio del Grande Fratello Vip in onda su Mediaset sempre in prima serata. E dunque sì, la fiction Rai piace e il look da ribelle giovane e avventuroso dato al già molto bello Riccardo De Rinaldis Santorelli conquista il pubblico di tutte le età. Poi c’è la Storia. Quella dei fatti, degli atti, dei manuali da studiare, e qui si apre un capitolo ricco di dettagli interessanti, compreso il probabile furto dell’inno nazionale ad un autore rimasto misconosciuto. O prestito mai autorizzato, dato che gli storici non concordano del tutto su questo dettaglio.

“Era una rockstar”: non proprio

Il team di Rai Fiction e i due registi, Luca Lucini e Ago Panini, hanno presentato Mameli – Il ragazzo che sognò l’Italia come se proponesse nel protagonista “la prima rockstar italiana” capace di “influenzare una generazione”. Di più, Fratelli d’Italia (che in realtà non si intitola così) fu scritta in preda a ideali rivoluzionari e patriottici per “un flash mob”. Si può capire come una storia vada adattata per ingraziarsi il pubblico, vedi la sboccacciata ed erotica Lidia Poet su Netflix, diversissima da quella vera. Però i fatti sono i fatti, e anche le fattezze fisiche: Goffredo Mameli era un bel giovane ma piuttosto diverso da Santorelli, ritratto in fiction come una sorta di Timothée Chalamet misto al Johnny Depp più in forma, quello dei primi Pirati dei Caraibi. Figlio di padre sardo, il cagliaritano Giorgio Mameli, con radici ogliastrine a Tortolì ma nato a Genova, era un giovane di buonissima famiglia, cresciuto all’Università a stretto contatto col docente Giuseppe Canale e con il religioso Agostino Muraglia dopo essere stato istruito da un altro religioso, Atanasio Canata. Teniamo a mente questo ultimo nome e cognome, ci torneremo su.

Un’altra scena della fiction Rai su Goffredo Mameli

L’inno “rubato” e la ferita ad una gamba, mortale

Il vero Goffredo Mameli era certo un giovanissimo impregnato di ideali romantici (non nel senso della soap opera o della cronachetta rosa, ma in quello reattivo e tempestoso del Romanicismo ottocentesco, di Foscolo, Wagner e Beethoven). Vicinissimo a Nino Bixio, a sua volta vicinissimo a Garibaldi, e con entrambi combatté contro i francesi per difendere la Repubblica Romana. Era già corso alle armi per partecipare alle Cinque giornate di Milano. La sua morte fu una beffa: gli sparò per sbaglio un compagno d’armi bersagliere durante uno scontro sul Gianicolo. Perse prima una gamba e poi, per cure sbagliate, la vita. Aveva 22 anni. Nel 1847, un anno prima della storica Primavera dei popoli poi soffocata in gran parte nel sangue, compose i versi del Canto degli italiani (questo il titolo corretto) che fu poi musicato da Michele Novaro e adottato come inno nazionale nel 1946. Anche sull’inno esiste una storia controversa, più volte emersa e ricordata di recente dal giornalista Giorgio Dell’Arti. Il quale ha sottolineato che il giovane Mameli era contro la Chiesa e massone, e che l’inno contiene parole che esaltano il potere ecclesiastico. Come mai?

Il vero Mameli in un’immgine d’archivio storico

Quei versi prelevati dall’opera del suo insegnante

Dell’Arti cita gli studi dello storico Alessandro Mola secondo i quali i versi dell’inno nazionale erano stati scritti da padre Atanasio Canata, insegnante di Goffredo Mameli al liceo di Cairo Montenotte, nel Savonese. Precisiamo che gli storici restano divisi su questo dettaglio non da poco. Quei versi Mameli avrebbe portati a Novaro e lo stampatore li avrebbe poi attribuì a lui. Ma il religioso si sarebbe lamentato che erano suoi, inseriti in un’opera più ampia dal titolo Inferno, Purgatorio e Paradiso dell’Italia. Guardandosi poi bene dal fare causa o insistere sulla paternità dell’opera, dato che nel giro di poco tempo Goffredo Mameli morì in battaglia, diventò un eroe di guerra e del Risorgimento italiano. Subito finito sotto il regno dei Savoia. 

 





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Scritto da: redazione

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