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La Cina ha avviato una nuova, importante fase del suo processo di emancipazione tecnologica: il governo di Pechino ha ordinato agli operatori di telecomunicazioni locali di sostituire tutti i chip stranieri presenti nei loro sistemi, e sostituirli con alternative prodotte a livello nazionale. Lo riporta il Wall Street Journal, citando informazioni ufficiali del ministero cinese competente.
Inizialmente gli operatori dovranno compilare un elenco di tutti i chip stranieri e delineare le tempistiche per la loro sostituzione. Secondo le fonti della testata americana, l’impatto peggiore lo subiranno Intel e AMD, che a quanto pare sono i due principali fornitori di chip per le infrastrutture di rete del Paese. Resta da capire quali siano le alternative – come sappiamo negli ultimi anni la Cina ha incrementato molto le attività di ricerca e sviluppo in questo settore, ma finora i risultati non sono stati molto buoni – quantomeno si può dire che non sono all’altezza dei concorrenti americani.
La mossa è una chiara risposta a quanto stanno facendo gli USA e alcuni alleati occidentali già da qualche anno. Già durante il governo di Donald Trump erano state prese diverse iniziative volte a limitare in modo significativo la diffusione di tecnologia cinese, soprattutto per quanto riguarda le telecomunicazioni, per timori sulla sicurezza nazionale – in soldoni la posizione dell’intelligence americana è che non si può escludere categoricamente che le aziende cinesi conducano per ordine del governo attività di spionaggio e furto di dati personali.
Huawei è stata la principale vittima di questa iniziativa, in quanto grande protagonista della corsa al 5G. Gli USA hanno vietato, insieme ad altri Paesi, ai propri operatori di acquistare apparecchiature 5G da Huawei, e, quel che è peggio, hanno impedito a ogni azienda americana o i cui prodotti sono basati su tecnologie americane di fare affari con Huawei. La società, che un tempo era tra le più grandi leader del settore degli smartphone, si è trovata di fatto isolata da partner cruciali come Qualcomm, Google e fonderie come Samsung e TSMC.
Proprio Huawei è tra le principali protagoniste dell’iniziativa per incrementare le capacità di chipmaking della Cina. Negli scorsi mesi ha lanciato il suo primo smartphone con chip 5G prodotto completamente con tecnologia nazionale (anche se forse ha “barato”). Ci vorrà molto tempo prima di mettersi in pari con l’America – forse non ci arriverà nemmeno mai, ma potrebbe non avere importanza. Se il prodotto è “good enough”, come si suol dire, e soprattutto i concorrenti migliori sono proibiti dalla legge, al consumatore non rimangono grandi alternative.
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