Di “film sui film” ce ne sono tanti: da Cantando sotto la pioggia a The Artist, da Viale del Tramonto a Ed Wood, a Hollywood è sempre piaciuto raccontare sé stessa. D’altro canto, le storie di attori, registi e produttori sono spesso intrise di fascino, mistero e magia. Ma se dovessimo narrare la biografia di qualcun altro? Se al centro dei riflettori ci finisse un addetto alla fotografia, un fonico, uno sceneggiatore o, perché no, uno stuntman? La sua vicenda andrebbe certamente romanzata, portata agli eccessi, ingigantita per catturare il pubblico. Nel 1981, la serie TV Professione Pericolo lo aveva capito perfettamente: i suoi protagonisti, gli stuntman Colt Seavers e Howie Munson, non erano due semplici controfigure, ma anche dei cacciatori di taglie, che mettevano la loro esperienza con gli inseguimenti in auto e i combattimenti corpo a corpo al servizio della giustizia. La serie ha avuto un grande successo: ben 112 episodi, divisi in cinque stagioni.
E proprio a Professione Pericolo si ispira The Fall Guy, la nuova pellicola di David Leitch con Ryan Gosling e Emily Blunt. Attenzione però a non sottovalutare il film: The Fall Guy non è un reboot, ma un seguito spirituale che recupera i tratti salienti della serie originale, li immerge nella Hollywood contemporanea e li usa per costruire una commedia dalle tinte fortemente action che nasconde più di qualche sgambetto all’industria del cinema americano.
Botte, inseguimenti, esplosioniI!
Come il serial Anni Ottanta, anche The Fall Guy ha per protagonista Colt Seavers, che a questo giro è interpretato da un Ryan Gosling sopra le righe, la cui performance ricorda da vicino quella già vista in Barbie – ed è un gran complimento – e arriva persino a migliorarla, specie dal punto di vista comico.
Colt, lo abbiamo già detto, è uno stuntman. Uno stuntman fallito, per la precisione: un grave incidente sul set gli ha spezzato la schiena e ha distrutto, oltre alla sua professione, anche la nascente relazione sentimentale con Jody Moreno, un’assistente regista che si è invaghita di lui tra una ripresa e l’altra. 18 mesi dopo il fattaccio, il “Fall Guy” lavora come parcheggiatore per un ristorante frequentato dalle star di Hollywood, mentre Jody ha fatto carriera ed è alla sua prima regia nel mondo dei blockbuster: i due non si parlano più da tempo, perché in seguito all’incidente lo stuntman – che prova ancora dei forti sentimenti per la sua vecchia fiamma – è scomparso dai radar. L’occasione d’oro per Colt si presenta quando l’attore a cui faceva da controfigura, Tom Ryder (Aaron Taylor-Johnson), sparisce misteriosamente dal set del blockbuster di cui è protagonista, Metalstorm, che guardacaso è diretto proprio da Jody. La produttrice della pellicola, Gail (Hannah Waddingham), si mette allora sulle tracce dell’ex-stuntman, lo riporta in pista per salvare la pellicola d’esordio della sua amata e lo fa partire alla ricerca dell’attore scomparso, che sembra essersi invischiato con le persone sbagliate.
Un incipit piuttosto semplice, forse addirittura poco originale, per un film che mescola sapientemente almeno tre generi cinematografici, ovvero la commedia, il sentimentale e l’action. Ma non fatevi illudere, perché The Fall Guy è molto più complesso di quanto potreste pensate: l’incedere della storia porta a colpi di scena e sconvolgimenti che difficilmente ci si aspetterebbe, partendo sì dai cliché dei tre generi appena citati, ma distorcendoli e rimaneggiandoli fino a costruire qualcosa di completamente nuovo, fresco e godibile, nonché estremamente appagante dal punto di vista narrativo. Senza fare spoiler, sappiate che le indagini di Colt vi terranno incollati alla poltrona del cinema, anche se è chiaro che esse sono solo un grande pretesto per collegare una sequenza d’azione all’altra.
D’altro canto, l’anima di The Fall Guy è quella di un film action ad altissimo tasso di spettacolarità: gli inseguimenti automobilistici e i combattimenti si susseguono quasi senza sosta fin dalle prime battute, alternando una varietà sorprendente di situazioni diverse. Da uno scontro all’arma bianca in un appartamento di lusso nel cuore di Sydney fino a una fuga in barca di fronte all’Opera House, passando per una lotta a mani nude nel cassone di un camion per la spazzatura, l’azione al cardiopalma è il cuore pulsante di The Fall Guy, che la gestisce in maniera sapiente, cospargendola per tutta la durata della storia (eccezion fatta per il prologo, ma ce lo si poteva aspettare) e “infilandola” tra un momento più introspettivo e l’altro. Scelta di successo: così facendo, la produzione riesce ad amalgamare le sue tante anime, creando una storia coesa e, soprattutto, mantenendo un ritmo incalzante e vivace fino all’epilogo.
Una lettera d’amore per gli stuntman
Se le sequenze d’azione puntano a ridefinire lo stato dell’arte del cinema action e non hanno nulla da invidiare ai maggiori franchise, a partire da quello di Fast & Furious, anche le altre componenti di The Fall Guy convincono apertamente.
La storia d’amore tra Colt e Jodie – per quanto goda di uno sviluppo estremamente classico e prevedibile – è sostenuta dalle ottime performance dei due attori protagonisti, mentre anche il cast di supporto è all’altezza del proprio ruolo: nonostante Aaron Taylor-Johnson sia “sprecato” in un ruolo che si vede davvero poco, Winston Duke e Hannah Waddingham convincono appieno, fornendo credibilità a tutta l’impalcatura creata da David Leitch. Ma The Fall Guy è anche una commedia estremamente divertente e, per certi versi, complessa. Nelle due ore di durata del film si ride tanto, mentre la comicità si percepisce su più piani, che vanno da quello più superficiale e becero a quello più ricercato, senza farsi mancare qualche affondo satirico nei confronti degli studios (la reazione di Colt alle scansioni facciali delle comparse – le stesse che hanno scatenato lo sciopero degli attori e delle comparse di Hollywood negli scorsi mesi – è impagabile). Non mancano neanche le citazioni, più o meno esplicite, ai classici del genere action, a partire da Miami Vice. E infine c’è una punta di thriller – all’acqua di rose, s’intende: il bilanciamento tra i generi e le influenze è ottimo e dona grande equilibrio a un’opera che, sulla carta, punta tutto sull’eccesso. Eccesso che viene raggiunto solo laddove necessario, ovvero nella messinscena e nella tamarraggine degli stunt.
Dunque, The Fally Guy è un film che riesce a mettere insieme tante anime diverse, con un’azione di alta qualità, una comicità sofisticata, una trama profonda e dei personaggi ben sviluppati. Ma è anche e soprattutto una lettera d’amore per gli stuntman e per quelle personalità che, nel mondo del cinema, vengono tralasciate e dimenticate persino nei titoli di coda. Una lettera d’amore che potrebbe avere delle implicazioni ben più serie di quanto potreste pensare.
Sono ormai anni che gli stuntman lottano per vedersi riconosciuto un Oscar, e The Fall Guy potrebbe svoltare la situazione, rimettendo prepotentemente la questione sul tavolo. Anche se così non dovesse essere, si tratterebbe comunque di una celebrazione necessaria per una categoria ingiustamente lontana dalle luci della ribalta. Al contempo, ci troviamo di fronte ad un’opera che, tramite delle trovate metacinematografiche divertenti seppur grossolane, si esprime causticamente sui principali problemi che attanagliano il mondo di blockbuster: quello che Jody sta girando è un kolossal sci-fi che verrà proiettato nella “Sala H del Comic-Con” ma che di buono sembra avere davvero poco – un riferimento non troppo velato ai film ad altissimo budget targati Marvel e DC, ma anche a franchise cinematografici come quello di Dune, le cui musiche sembrano risuonare nella colonna sonora di Metalstorm.
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