Nei primi 5 mesi del 2024 segnano un calo del 6%, meglio comunque del saldo complessivo delle vendite sceso dell’8%.
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Non ripartono i consumi di vino italiano negli Stati Uniti che nei primi 5 mesi del 2024 segnano un calo del 6%, meglio comunque del saldo complessivo delle vendite sceso dell’8%. È quanto emerge dall’Osservatorio Uiv-Vinitaly nel 75% degli esercizi commerciali statunitensi, presentato nel corso dell’assemblea generale a Roma. Una situazione di ‘apnea’ protratta, dove il rapporto tra stock di alcolici e vendite effettive viaggia ancora a livelli molto alti con un’eccedenza di circa 10 miliardi di dollari.
Tutto sommato facciamo meglio di altri
Un’Italia che comunque fa meglio di Francia e Stati Uniti (-8%), di Australia e Spagna (-11% e -10%), ma non della Nuova Zelanda, scesa solo dell”1%. Per i vini nazionali, tanti i segni negativi dal Pinot grigio (-7%) al Chianti (-14%), a fare meno peggio i rossi che chiudono a -6.5% contro il -8% dei bianchi. Dati che potevano essere più negativi, secondo l’Osservatorio, senza la stabilità del Prosecco (-0,6%), dell’Asti (+1,6%) ma soprattutto dei metodi charmat non Prosecco (+7%), che oggi valgono il 24% dei volumi di spumante italiano negli Usa.
“Tutta colpa” dei cocktail a basso costo
In controtendenza gli charmat tricolori a basso costo, sui 13 dollari,, rispetto a Champagne (-15%), Cava spagnolo (-11%) e gli sparkling domestici (-11%). Un dato dovuto alla forte tendenza cocktail che fa crescere del 40% la categoria tra gli 8 e i 13 dollari, concentrata inella West Coast (+36% di vendite e 30% di share) e il Midwest (+9% e 18% di share).
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