19 luglio 2007: sul network via cavo AMC debutta una nuova serie TV ambientata negli anni ’60 e ambientata nel mondo della pubblicità. Si chiama Mad Men ed è destinata a scrivere un pezzo importante di storia della TV.
7 stagioni per 16 Emmy Awards, 5 Golden Globes e un’infinità di altri premi. Mad Men ha dimostrato che si possono raccontare storie personali intrecciandole a importanti eventi storici e a cambiamenti sociali.
Matthew Weiner, il creatore e showrunner della serie, era già stato produttore esecutivo e sceneggiatore di quel capolavoro immortale che è I Soprano, e sapeva esattamente cosa stava facendo. L’ha dimostrato, conquistando milioni di fan in tutto il mondo.
La trama di Mad Men e un pilot da manuale
New York, anni ’60. La celebre Madison Avenue è la strada in cui si concentra il top dei pubblicitari dell’epoca. Donald “Don” Draper (Jon Hamm, Fargo) lavora per l’agenzia Sterling Cooper, di cui è il direttore creativo. Fra vita professionale e privata, Don ci accompagna alla scoperta del mondo della pubblicità del periodo attraverso i grandi cambiamenti epocali della società americana, dalla campagna presidenziale in cui si sfidarono John Fitzgerald Kennedy e Richard Nixon all’assassinio di JFK, dalla crisi dei missili di Cuba che porta il mondo all’orlo della terza guerra mondiale alle lotte per i diritti civili della popolazione afroamericana.
La serie inizia a marzo 1960 e ci presenta subito Don Draper, impegnato a cercare un’idea per la campagna pubblicitaria delle sigarette Lucky Strike. Lo vediamo mentre siede in un bar, guardandosi intorno in cerca di ispirazione, e poi lo seguiamo a casa della pittrice Midge (Rosemarie DeWitt, The Boys), la sua amante – Don ha infatti una moglie, la splendida Betty (January Jones, X-Men: L’inizio) e dei figli – per passarvi la notte.
Il giorno successivo, al lavoro, conosciamo Pete Campbell (Vincent Kartheiser, Angel), in procinto di sposare la fidanzata Trudy (Alison Brie, Glow) e impegnato a organizzare l’addio al celibato con i colleghi dell’agenzia Harry Crane (Rich Sommer, Glow), Salvatore Romano (Brian Batt, 12 anni schiavo) e Ken Cosgrove (Aaron Staton, Castle Rock).
Il capo delle segretarie, l’affascinante e sensuale Joan Holloway (Christina Hendricks, Good Girls) fa da cicerone alla nuova arrivata, Peggy Olson (Elisabeth Moss, The Handmaid’s Tale), fresca di diploma alla scuola per segretarie e subito assegnata ad assistere don Draper.
Roger Sterling (John Slattery, Il caso Spotlight), il proprietario dell’agenzia, partecipa alla riunione per la campagna Lucky Strikee poi incoraggia Don ad accettare di occuparsi della campagna presidenziale di Richard Nixon.
Pete, che ha subito messo gli occhi addosso a Peggy, si presenta a casa sua ubriaco dopo l’addio al celibato, e la ragazza lo fa entrare.
Le tematiche di Mad Men
In un episodio, uno solo, un pilot da manuale, Mad Men ci presenta subito personaggi, dinamiche e tematiche della serie.
Joan fa subito a Peggy il nome di un medico che prescrive gli anticoncezionali, le consiglia di rivedere il suo abbigliamento e incarna quella modernità – e sensualità: siamo tutti pazzi di lei, tutti – a cui le donne degli anni ’60 iniziano ad aspirare.
Joan è l’amante del capo, Roger. Vede e controlla tutto. Si aggira fra le scrivanie e gli uffici, sempre impeccabilmente truccata e pettinata, avvolta in sinuosi abiti dai colori sgargianti che ne mettono in risalto le forme: una sorta di omaggio al modello di donna “in carne” che si trova perfettamente a suo agio in un mondo di super-magre. Il personaggio di Joan, insieme alle colleghe e agli altri personaggi femminili, offre una rappresentazione critica dei ruoli di genere tradizionali degli anni ’60, esplorando le sfide e le aspirazioni delle donne che cercano di trovare un equilibrio tra lavoro e vita familiare in un’epoca di grande cambiamento.
E proprio i cambiamenti sociali, dicevamo, fanno da perno alle storie dei protagonisti, utilizzando il mondo della pubblicità come sfondo. La serie esplora vari aspetti della vita americana di quel periodo e riflette profondamente sui cambiamenti sociali e culturali degli anni ’60, inclusi i diritti civili, il femminismo, la rivoluzione sessuale e l’emergere della cosiddetta controcultura giovanile. La serie mostra come questi cambiamenti influenzino le vite dei personaggi e la società in generale. In ogni singolo episodio.
Poi naturalmente c’è il tema dell’identità personale e professionale: Don Draper, emblema stesso di Mad Man, ha un passato misterioso e una doppia vita, sempre al centro di gran parte degli eventi che coinvolgono anche gli altri.
La serie esamina inoltre le dinamiche complesse delle relazioni interpersonali e familiari, spesso mettendo in luce le tensioni tra il desiderio di conformarsi alle norme sociali dell’epoca e la ricerca della propria autenticità.
Ma non dobbiamo dimenticare anche un’altra tematica fondamentale di Mad Men: l’etica professionale e morale. I personaggi navigano nel mondo spesso cinico e competitivo della pubblicità, facendo compromessi etici e morali di ogni sorta per ottenere ciò che tutti vogliono, ovvero affermazione, rispetto e potere.
Le peculiarità di Mad Men
Le particolarità che permettono di distinguere immediatamente Mad Men da tante altre serie di genere drama sono principalmente due.
Innanzitutto, la scelta di non dare mai tutte le risposte alle domande che gli avvenimenti mostrati sullo schermo ci spingono a porci. Weiner ha voluto creare un microcosmo di misteri e soluzioni che si alimentano a vicenda, ma che soprattutto spingono gli spettatori a interrogarsi sulle ragioni delle azioni dei personaggi e sui loro fini.
Don Draper si prepara ad accettare il fatto che la sua vita è più difficile del previsto, e che la sua salute inizia a cedere sotto i colpi dello stress.
Come se non bastasse, sua moglie Betty – dopo il dramma di aver scoperto che una sua amica era intenzionata ad avvelenare il marito traditore – si trova a vivere una sorta di “risveglio” che la fa diventare avida di auto-affermazione… Con i “rischi” matrimoniali che possiamo immaginare.
“Io non ti amo più”. “Smettila”. “Ma è vero: io non ti amo più”.
L’agghiacciante (ma prevedibile) dialogo fra Betty e Don Draper, dopo la relazione e le menzogne di lui, ma anche dopo la “quasi relazione” di Betty – perché in ogni separazione che si rispetti le colpe sono di entrambi – ha fatto storia e ha tenuto il pubblico con il fiato sospeso. In ufficio, le cose non vanno meglio: sono ancora i rapporti personali – soprattutto quelli fra Peggy e Pete – a fare da fulcro alla narrazione. E le complicazioni sono in agguato.
L’annuncio televisivo della crisi dei missili cubani, giunto dalla viva voce del Presidente Kennedy, compare negli episodi regalandoci poi uno fra gli episodi più memorabili dell’intera serie e, ahinoi, della storia reale. L’episodio dedicato al maledetto 22 novembre 1963 che vide l’assassinio di JFK. L’omicidio di Kennedy e quello di Lee Harvey Oswald, riconosciuto ai tempi come l’unico responsabile dell’attentato, entrano prepotentemente nelle vite dei nostri personaggi. Ma lo fanno in puro stile Mad Men, raccontandoci cioè un pezzo di storia americana senza che le vicende personali e professionali dei personaggi di Weiner passino mai in secondo piano. Nemmeno per un secondo. Tanto che le terribili notizie provenienti dalla TV saranno accompagnate da forti rivelazioni e momenti carichi di pathos nella “realtà” delle vite di Don, Betty, Victor e tutti gli altri.
Questo crea un legame molto forte fra pubblico e protagonisti, arrivando a coinvolgere emotivamente gli spettatori nelle vite private dei personaggi, e non solo in quelle lavorative.
Il che ci porta alla seconda peculiarità di Mad Men: i finali di stagione.
I finali di stagione di Mad Men seguono una logica ben precisa. Gli episodi conclusivi di ogni ciclo di episodi sono studiati per trainare la storia ed i suoi protagonisti verso dei significativi cambiamenti.
Mad Men non è una di quelle serie che amano i finali shock, quelli che lasciano il pubblico in sospeso, bensì una di quelle serie che costruiscono la tensione drammatica episodio dopo episodio, diretti verso un finale di stagione che, in qualche modo (per la vita privata o professionale dei protagonisti, ad esempio), chiude un capitolo e ne apre un altro.
Ma non è finita qui.
L’influenza di Mad Men
Lo stile Mad Men ha contribuito in maniera determinante al ritorno dell’influenza degli anni ‘50 e ‘60 nella moda, nell’arredamento e nel design in generale. E ha aperto nuove frontiere per i collezionisti più accaniti, a caccia di cimeli provenienti dal set della serie e di materiale legato alle grandi agenzie pubblicitarie newyorkesi dell’epoca.
Nonostante qualche periodo travagliato dal punto di vista produttivo, l’impatto culturale di Mad Men è stato profondo e duraturo.
Le trattative fra Matthew Weiner, il network AMC e la Lionsgate (tutti coinvolti nella produzione, nella distribuzione e nella proprietà dei diritti) sono andate molto spesso per le lunghe. Soprattutto dopo la stagione 4, al punto che la 5 ha saltato l’appuntamento usuale con il pubblico, in estate, e le altre hanno accumulato sempre più ritardi.
Al centro delle discussioni ci sono state, fra le altre cose, le richieste economiche di Weiner, fra gli autori più pagati di Hollywood con la cifra da capogiro di 30 milioni di dollari per un contratto di due anni di lavoro. Ma il punto su cui discutere non era tanto l’entità della richiesta (AMC e Lionsgate avevano già dato la loro disponibilità a corrispondere a Weiner questa cifra), quanto le condizioni per l’erogazione.
Il network era infatti disposto a portare a termine l’accordo a patto che Weiner accettasse di ridurre leggermente la durata di ciascun episodio (giudicati tutti troppo lunghi) e, soprattutto, di eliminare due personaggi regolari dalla serie per diminuire i costi di produzione. Contemporanemente, si chiedeva di incrementare quello che oggi conosciamo come “product placement”, ovvero la cosiddetta “pubblicità occulta”, con le riprese di oggetti di determinate marche che vengono così mostrati al pubblico della serie.
Oggi delle scritte ci avvisano che nei programmi e nelle serie sono presenti oggetti o altro a fini promozionali. All’epoca di Mad Men non era così.
Ma alla fine, nonostante i ritardi che ci hanno fatto sospirare, Mad Men è arrivata alla sua degna conclusione per scrivere un altro pezzo di storia – col senno di poi, anche grazie alla testardaggine di Weiner, che alla fine l’ha avuta vinta su tutti i fronti.
E non è una cosa che molti altri autori possono dire, soprattutto oggi.
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