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Ambiente

Peste suina, in Italia già abbattuti oltre 50mila maiali

today3 Settembre 2024 35

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«Al momento ci sono 18 focolai di peste suina in Lombardia, 5 in Piemonte e uno in Emilia Romagna». I numeri arrivano direttamente dal commissario straordinario alla peste suina, Giovanni Filippini, e certificano una situazione che negli allevamenti del Nord Italia si fa sempre più drammatica. Oltre 50mila maiali sono già stati abbattuti nel nostro Paese, nel tentativo di rallentare la diffusione di questo morbo che è innocuo per l’uomo, ma mortale per i suini domestici e quelli selvatici, cioè i cinghiali.

Non c’è giorno ormai in cui non si scopra un nuovo focolaio. E quando in un allevamento viene trovato un maiale malato, la legge impone l’abbattimento di tutti i capi. La scorsa primavera ad essere particolarmente colpita è stata l’area del Piacentino, culla di molti allevamenti e di importanti produzioni di salumi Dop. Ora, nell’occhio del ciclone, c’è soprattutto la Lombardia: prima Pavia, poi Lodi. «Venerdì abbiamo scoperto un maiale positivo nel nostro allevamento lodigiano di Marudo e la prossima settimana saremo costretti ad abbattere 1.500 capi», racconta Alberto Cavagnini, uno dei tanti allevatori colpiti, che al danno aggiunge anche la preoccupazione per le altre sue stalle, quelle nel Bresciano: «In Lombardia la peste suina è ormai ridosso di Crema, Mantova e Brescia; alcuni allevamenti di Cremona sono già finiti in Zona di sorveglianza 1, il primo livello dell’allerta». Se infatti i focolai accertati sono 24, gli allevamenti coinvolti dalle restrizioni sono centinaia: «In Italia – dice Cavagnini – parliamo ormai di oltre 22mila metri quadrati coinvolti». E in Lombardia, dove si alleva il 50% di tutta la produzione suinicola nazionale, la preoccupazione è altissima: se la peste suina si diffonderà , sarà un’ecatombe.

«È ovvio che chiediamo un sacrificio enorme aegli allevatori coinvolti nei territori dall’infezione, ma noi abbiamo l’obiettivo di riportare il prima possibile la situazione alla normalità», ha detto ieri il commissario Filippini. Il riferimento è alla sua ordinanza di giovedì scorso, che in tutte le tre le fasce di restrizione vieta lo spostamento di qualsiasi maiale, se non per raggiungere i pochi macelli attrezzati per l’abbattimento dei suini provenienti da aree a rischio. Una decisione, questa, che non è piaciuta agli allevatori: «Per gli animali che dovrò abbattere – spiega Cavagnini, che è anche vicepresidente di Coldiretti Brescia – io sarò indennizzato. Ma ad oggi nessun risarcimento è previsto per chi subisce danni indiretti. Per esempio, chi gestisce un allevamento di suini da riproduzione all’interno di una zona soggetta a restrizione oggi non può consegnare i suinetti. Mentre chi è costretto a far ingrassare troppo i maiali perché non può spostarli, va incontro al loro deprezzamento. Per gli allevatori i danni diretti sono solo un decimo di quelli indiretti, eppure questi ultimi non vengono rimborsati». Per questo, al commissario straordinario, la Coldiretti ha chiesto un ampliamento degli indennizzi: «Dobbiamo tenere in considerazione il tema del fermo aziendale, che riguarderà gli allevamenti che non potranno nemmeno ripopolare – ha detto il suo presidente, Ettore Prandini – serve uno stop ai mutui e ai contributi per le aziende colpite e, infine, ci dovrà essere un monitoraggio sui prezzi dei suini pagati agli allevatori per evitare che ci siano grandi speculazioni».

A complicare la situazione, poi, ci si sono messi anche i veterinari della Lombardia, la regione con più focolai. «Il lavoro – scrive la Federazione medici veterinari regionale – si sta facendo sempre più gravoso, per i controlli sanitari negli allevamenti e per l’estinzione dei focolai. Sia riconosciuto l’impegno aggiuntivo, o sarà stato di agitazione».

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Scritto da: redazione

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