Dopo 46 anni, la Sardegna ce l’ha fatta. Da oggi è ufficialmente libera da ogni restrizione per la peste suina imposta agli allevamenti e all’industria dei salumi. Con il supporto unanime degli stati membri, la Commissione Ue ha infatti deciso di abrogare le ultime misure restrittive ancora in vigore in otto comuni del Nuorese. Dal 2018 nell’isola non si registrano più casi di peste suina negli allevamenti, mentre i focolai tra i cinghiali sono spariti dall’aprile del 2019.
«Sono stati anni di duri sacrifici per tutti ma alla fine il risultato è arrivato e i nostri sforzi sono stati premiati – ha detto l’assessore all’Agricoltura della Sardegna, Gian Franco Satta – la Sardegna è un modello da seguire, in particolare da quelle regioni, come la Lombardia, che oggi si trovano in grande difficoltà. Anche nell’isola la malattia sembrava impossibile da sconfiggere, ma grazie a una strategia ben disegnata, basata sulla scienza e su un modello organizzativo straordinariamente efficace, si è ottenuto un risultato che non troppi anni fa molti ritenevano irraggiungibile».
Oltre all’uscita della Sardegna dalla lista nera, la Commissione Ue ha anche dato l’ok all’uscita dalle zone di restrizione per la peste suina di alcuni territori della Calabria, del Piemonte e della Liguria. «L’applicazione delle corrette strategie dimostra come sia possibile ottenere dei risultati», ha scritto in una nota Giovanni Filippini, nominato ad agosto nuovo commissario straordinario per la peste suina. Per Filippini, si tratta di una grande soddisfazione: una parte del merito del risultato sardo è suo, che da responsabile dell’Unità di progetto per l’eradicazione della peste suina in Sardegna ha dettato le strategie che hanno portato al successo nell’isola.
Se gli allevamenti sardi possono cantare vittoria, la situazione nel resto del Paese resta ancora molto difficile. A più di mille giorni dalla scoperta in Piemonte del primo caso di cinghiale positivo al virus, infatti, l’avanzata dei contagi non accenna a diminuire. Ad oggi, con 20 focolai negli allevamenti, la Lombardia – che ospita la metà di tutti i suini allevati in Italia – resta la regione più colpita. La peste suina sta già minacciando da vicino anche alcune aree del Piacentino e del Modenese, culla della salumeria Dop nazionale. Per questo gli allevatori e gli industriali sono sempre più preoccupati.
In tutta Italia i focolai registrati negli allevamenti sono 50. «Nelle aree soggette a restrizione la produzione è ferma – scrive in una nota la Confagricoltura – le movimentazioni sono bloccate con il conseguente rischio di sovraffollamento e, per le imprese che possono ancora commercializzare c’è la beffa del crollo dei prezzi di vendita degli animali». Tra carni e insaccati, la filiera suinicola in Italia oggi vale 13 miliardi di euro, di cui 2,3 di export. Per questo le associazioni degli allevatori chiedono che il governo aumenti il sostegno agli allevatori: «Si deve intervenire presto con gli indennizzi agli allevatori – afferma Confagricoltura – oltre che per i danni diretti derivanti dall’abbattimento degli animali, anche per tutte quelle imprese che stanno subendo danni indiretti per il blocco delle movimentazioni».
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